MA LA 194 VA BENISSIMO, GUAI A CHI LA TOCCA!
AL DIPARTIMENTO MATERNO-INFANTILE - UNITÀ OPERATIVA ASS. CONSULTORIALE
DI ALBENGA
SI PUÒ ABORTIRE PER VIA “URGENTE” ANCHE SENZA GRAVIDANZA IN CORSO.
Aborto: è ora di fermare l’indegna campagna di frode nei confronti delle donne
Tante donne, in tre anni, si sono presentate al Centro di Aiuto alla
Vita-ingauno, chiedendo sostegno alla maternità e denunciando di aver
ottenuto dai Consultori pubblici il certificato di aborto, senza né
una visita ginecologica nè un esame ematochimico che accertasse la
gravidanza. I consultori, sulla base di appositi regolamenti o
convenzioni, collaborino con i Centri di Aiuto alla Vita che operano
sul territorio locale per aiutare la maternità difficile durante la
gravidanza e dopo la nascita
“Ad Albenga, anche se non sei incinta, puoi abortire. Si, ad Albenga,
anche senza una gravidanza in corso certificata, le Istituzioni
dell’ASL savonese, preposte alla tutela della maternità, ti “aiutano”
per legge ad abortire. Basta fare in fretta e andarsene quanto prima
fuori dal Consultorio familiare pubblico… e ti riconoscono pure la
clausola dell’urgenza, in appena soli cinque minuti. Non volevamo
crederci, ma, dopo gli oltre dieci casi di donne che, in tre anni, si
sono presentati al Centro Aiuto alla Vita-ingauno, chiedendo sostegno
alla maternità e denunciando di aver ottenuto il certificato di
aborto, senza né una visita ginecologica nè un esame ematochimico che
accertasse la gravidanza, abbiamo voluto mettere alla prova gli
operatori sanitari del Dipartimento materno-infantile - Unità
operativa Ass. Consultoriale, diretto dalla Dott.ssa Paola Pregliasco.
Ad una donna, nostra complice, che si è presentata quindici giorni fa
al Consultorio familiare Asl di Albenga, è stato rilasciato un
certificato, che costituisce per la donna “titolo per il ricovero
urgente e non dilazionabile”, firmato dal Ginecologo Dott. Renzo
Contin e timbrato “Consultorio Familiare”, che attesta quanto segue:
“accertato lo stato di gravidanza ed espletate le procedure previste
dal 2° comma, art. 5 della legge 194/78, riscontrata l’esistenza delle
condizioni di cui al 3° comma dello stesso articolo, dichiara urgente
l’intervento per cui la richiedente può presentarsi immediatamente in
una delle sedi autorizzate” per effettuare l’ivg. Peccato che la donna
in questione, in realtà, in quella giornata non fosse neppure
incinta, come dimostrano i referti degli esami delle urine in suo
possesso e, per aver solo dichiarato di essere alla 10a settimana e di
essere in condizioni economiche disagiate, ha ottenuto un certificato
attestante l'urgenza, quando il medico del Consultorio familiare
pubblico non ha neppure verificato l'esistenza della gravidanza e
neppure ha riscontrato le condizioni tali da rendere urgente
l'intervento di ivg”. Con queste parole Eraldo Ciangherotti,
Presidente della Federvita Liguria e del Centro Aiuto Vita-ingauno,
denuncia la mancata applicazione della legge 194/78 e il falso in atto
pubblico commessi al Consultorio Familiare ASL di Albenga,
Dipartimento materno-infantile, nell’ autorizzare una I.V.G. su
gravidanza inesistente e on accertata.
“Basterebbe poco per una reale tutela sociale della maternità -
continua Ciangherotti-, basterebbe già solo un protocollo di intesa
tra ASL, Comuni e Centri di Aiuto alla Vita, per cominciare ad aiutare
le donne che, di fronte ad una gravidanza inattesa e in condizioni
economiche disagiate, si trovano in circostanze talvolta
psicologicamente rilevanti. Si preferisce invece, a livello delle
Istituzioni, abbandonare la donna alla sua condizione disagiata, non
darle nemmeno la possibilità di considerare seriamente la sua
gravidanza ed eventualmente di scegliere liberamente. Si fa prima ad
eliminare il concepito, piuttosto che tentare di costruire un progetto
a sostegno della madre. I consultori pubblici, istituiti ai sensi
dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, di
fatto disattendono la legge 194/78, perché non contribuiscono a far
superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione
della gravidanza. I consultori, sulla base di appositi regolamenti o
convenzioni, almeno si avvalgano, per i fini previsti dalla legge,
della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e
di associazioni del volontariato, come i Centri di Aiuto alla Vita che
operano sul territorio locale e che possono anche aiutare la maternità
difficile durante la gravidanza e dopo la nascita”.
“Eppure la legge 194/78 - continua Ginetta Perrone, Vicepresidente del
CAV-ingauno - in materia di aborto, parla chiaro. Tale legge, così
osannata da certa cultura femminista come la migliore legge attuata a
favore della donna, si è rivelata ancora una volta un enorme
boomerang, altro che una conquista sociale. Di fatto è una legge ad
hoc, non per la tutela della maternità ma per la frode delle donne.
Si, anche ad Albenga. Infatti la Legge 194/78 di fatto, anche nel
nostro territorio locale, a trent’anni dalla sua promulgazione, non
tutela né la maternità della donna, né il nascituro. Il Dipartimento
materno-infantile- Unità operativa Ass. Consultoriale albenganese
aiuta la donna a rimuovere le cause della scelta di abortire? Vi sono
risorse economiche da parte degli Enti locali che possano essere
offerte ad una donna con una gravidanza indesiderata? La risposta è
negativa, in entrambi i casi. Anche se la legge parla chiaro, di fatto
le Istituzioni pubbliche (Asl, Comuni e Regione Liguria) applicano il
protocollo operativo più rapido, per eliminare il concepito e
derubricare il compito istituzionale di tutelare la salute della
donna. Di tutta la provincia di Savona, solo il Comune di Loano ad
oggi ha inteso promuovere la maternità disagiata, investendo risorse
economiche in sinergia con i volontari del Centro Aiuto Vita ingauno.
Numerose donne, arrivate da noi negli ultimi tre anni, si erano
rivolte al consultorio familiare pubblico riferendo al medico di
essere incinta e avendo accusato “circostanze per le quali la
prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità era
incompatibile con le proprie condizioni economiche”. È bastato un
semplicissimo disagio economico o addirittura il risultato di un
semplice test di gravidanza acquistato in farmacia, per ottenere il
certificato di I.V.G., ai sensi dell’art.4 della legge 194/78, senza
neppure una visita ginecologica di accertamento. In ambulatorio
constatata verbalmente la gravidanza in corso si rilascia un
certificato, persino urgente, a mò di bancomat aperto 24 ore su 24,
senza alcun tentativo per scongiurare l’aborto. Non serve neppure
esibire un test delle B-Hcg su siero o su urine. Basta dire di
“sentirsi incinta” o di essere positivi ad un test di gravidanza
domiciliare e il certificato è assicurato, poco importa se è un falso
in atto pubblico”.
“La cosa deprimente per le donne- conclude Ciangherotti- è stato
constatare che, nella realtà dei fatti, è disattesa la legge proprio
laddove si garantisce che “il consultorio e la struttura
socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti
medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la
richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza
delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della
gestante, di esaminare con la donna le possibili soluzioni dei
problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la
porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado
di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere
ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti
gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”. Ecco
perché non possiamo tacere l’accaduto, perché le donne non meritano
questo disinteresse e questa indifferenza dalle Istituzioni. Infine
che la gravidanza rientri nei primi novanta giorni o oltre a nessuno
interessa verificarlo, neppure se per legge è obbligatorio. Non
interessa neppure al ginecologo del Consultorio Familiare che
autorizza l’ivg per via “urgente”.
Vita-ingauno, chiedendo sostegno alla maternità e denunciando di aver
ottenuto dai Consultori pubblici il certificato di aborto, senza né
una visita ginecologica nè un esame ematochimico che accertasse la
gravidanza. I consultori, sulla base di appositi regolamenti o
convenzioni, collaborino con i Centri di Aiuto alla Vita che operano
sul territorio locale per aiutare la maternità difficile durante la
gravidanza e dopo la nascita
“Ad Albenga, anche se non sei incinta, puoi abortire. Si, ad Albenga,
anche senza una gravidanza in corso certificata, le Istituzioni
dell’ASL savonese, preposte alla tutela della maternità, ti “aiutano”
per legge ad abortire. Basta fare in fretta e andarsene quanto prima
fuori dal Consultorio familiare pubblico… e ti riconoscono pure la
clausola dell’urgenza, in appena soli cinque minuti. Non volevamo
crederci, ma, dopo gli oltre dieci casi di donne che, in tre anni, si
sono presentati al Centro Aiuto alla Vita-ingauno, chiedendo sostegno
alla maternità e denunciando di aver ottenuto il certificato di
aborto, senza né una visita ginecologica nè un esame ematochimico che
accertasse la gravidanza, abbiamo voluto mettere alla prova gli
operatori sanitari del Dipartimento materno-infantile - Unità
operativa Ass. Consultoriale, diretto dalla Dott.ssa Paola Pregliasco.
Ad una donna, nostra complice, che si è presentata quindici giorni fa
al Consultorio familiare Asl di Albenga, è stato rilasciato un
certificato, che costituisce per la donna “titolo per il ricovero
urgente e non dilazionabile”, firmato dal Ginecologo Dott. Renzo
Contin e timbrato “Consultorio Familiare”, che attesta quanto segue:
“accertato lo stato di gravidanza ed espletate le procedure previste
dal 2° comma, art. 5 della legge 194/78, riscontrata l’esistenza delle
condizioni di cui al 3° comma dello stesso articolo, dichiara urgente
l’intervento per cui la richiedente può presentarsi immediatamente in
una delle sedi autorizzate” per effettuare l’ivg. Peccato che la donna
in questione, in realtà, in quella giornata non fosse neppure
incinta, come dimostrano i referti degli esami delle urine in suo
possesso e, per aver solo dichiarato di essere alla 10a settimana e di
essere in condizioni economiche disagiate, ha ottenuto un certificato
attestante l'urgenza, quando il medico del Consultorio familiare
pubblico non ha neppure verificato l'esistenza della gravidanza e
neppure ha riscontrato le condizioni tali da rendere urgente
l'intervento di ivg”. Con queste parole Eraldo Ciangherotti,
Presidente della Federvita Liguria e del Centro Aiuto Vita-ingauno,
denuncia la mancata applicazione della legge 194/78 e il falso in atto
pubblico commessi al Consultorio Familiare ASL di Albenga,
Dipartimento materno-infantile, nell’ autorizzare una I.V.G. su
gravidanza inesistente e on accertata.
“Basterebbe poco per una reale tutela sociale della maternità -
continua Ciangherotti-, basterebbe già solo un protocollo di intesa
tra ASL, Comuni e Centri di Aiuto alla Vita, per cominciare ad aiutare
le donne che, di fronte ad una gravidanza inattesa e in condizioni
economiche disagiate, si trovano in circostanze talvolta
psicologicamente rilevanti. Si preferisce invece, a livello delle
Istituzioni, abbandonare la donna alla sua condizione disagiata, non
darle nemmeno la possibilità di considerare seriamente la sua
gravidanza ed eventualmente di scegliere liberamente. Si fa prima ad
eliminare il concepito, piuttosto che tentare di costruire un progetto
a sostegno della madre. I consultori pubblici, istituiti ai sensi
dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, di
fatto disattendono la legge 194/78, perché non contribuiscono a far
superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione
della gravidanza. I consultori, sulla base di appositi regolamenti o
convenzioni, almeno si avvalgano, per i fini previsti dalla legge,
della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e
di associazioni del volontariato, come i Centri di Aiuto alla Vita che
operano sul territorio locale e che possono anche aiutare la maternità
difficile durante la gravidanza e dopo la nascita”.
“Eppure la legge 194/78 - continua Ginetta Perrone, Vicepresidente del
CAV-ingauno - in materia di aborto, parla chiaro. Tale legge, così
osannata da certa cultura femminista come la migliore legge attuata a
favore della donna, si è rivelata ancora una volta un enorme
boomerang, altro che una conquista sociale. Di fatto è una legge ad
hoc, non per la tutela della maternità ma per la frode delle donne.
Si, anche ad Albenga. Infatti la Legge 194/78 di fatto, anche nel
nostro territorio locale, a trent’anni dalla sua promulgazione, non
tutela né la maternità della donna, né il nascituro. Il Dipartimento
materno-infantile- Unità operativa Ass. Consultoriale albenganese
aiuta la donna a rimuovere le cause della scelta di abortire? Vi sono
risorse economiche da parte degli Enti locali che possano essere
offerte ad una donna con una gravidanza indesiderata? La risposta è
negativa, in entrambi i casi. Anche se la legge parla chiaro, di fatto
le Istituzioni pubbliche (Asl, Comuni e Regione Liguria) applicano il
protocollo operativo più rapido, per eliminare il concepito e
derubricare il compito istituzionale di tutelare la salute della
donna. Di tutta la provincia di Savona, solo il Comune di Loano ad
oggi ha inteso promuovere la maternità disagiata, investendo risorse
economiche in sinergia con i volontari del Centro Aiuto Vita ingauno.
Numerose donne, arrivate da noi negli ultimi tre anni, si erano
rivolte al consultorio familiare pubblico riferendo al medico di
essere incinta e avendo accusato “circostanze per le quali la
prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità era
incompatibile con le proprie condizioni economiche”. È bastato un
semplicissimo disagio economico o addirittura il risultato di un
semplice test di gravidanza acquistato in farmacia, per ottenere il
certificato di I.V.G., ai sensi dell’art.4 della legge 194/78, senza
neppure una visita ginecologica di accertamento. In ambulatorio
constatata verbalmente la gravidanza in corso si rilascia un
certificato, persino urgente, a mò di bancomat aperto 24 ore su 24,
senza alcun tentativo per scongiurare l’aborto. Non serve neppure
esibire un test delle B-Hcg su siero o su urine. Basta dire di
“sentirsi incinta” o di essere positivi ad un test di gravidanza
domiciliare e il certificato è assicurato, poco importa se è un falso
in atto pubblico”.
“La cosa deprimente per le donne- conclude Ciangherotti- è stato
constatare che, nella realtà dei fatti, è disattesa la legge proprio
laddove si garantisce che “il consultorio e la struttura
socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti
medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la
richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza
delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della
gestante, di esaminare con la donna le possibili soluzioni dei
problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la
porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado
di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere
ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti
gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”. Ecco
perché non possiamo tacere l’accaduto, perché le donne non meritano
questo disinteresse e questa indifferenza dalle Istituzioni. Infine
che la gravidanza rientri nei primi novanta giorni o oltre a nessuno
interessa verificarlo, neppure se per legge è obbligatorio. Non
interessa neppure al ginecologo del Consultorio Familiare che
autorizza l’ivg per via “urgente”.
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