domenica 29 marzo 2009

La Puglia vuole ridurre gli aborti, ma anche i medici obiettori

La Puglia vuole ridurre gli aborti, ma anche i medici obiettori (interessante articolo dal sito ZENIT.org)

Denuncia il Forum delle Associazioni Familiari

di Antonio Gaspari

BARI, mercoledì, 25 marzo 2009 (ZENIT.org).-

Il Forum delle Associazioni Familiari della Puglia (http://www.forumfamigliepuglia.org/comunicati.php?idarticolo=59) ha denunciato il tentativo di ridurre il personale sanitario e i medici obiettori contenuto nelle "Linee di indirizzo regionali sui consultori familiari", presentate il 18 marzo dalla Giunta regionale pugliese.

Secondo il Forum, il documento della Regione è contraddittorio perché, mentre intende ridurre il numero di interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), propone di "integrare le piante organiche consultoriali carenti con medici ed ostetriche non obiettori, così come previsto dalla Regione, e di ridurre progressivamente la quota di medici obiettori ad oggi operanti in queste strutture".

"Come si fa a ridurre gli aborti aumentando i medici e le ostetriche non obiettori?" chiede il Forum.

In merito agli aborti, la Puglia detiene un triste primato, soprattutto per tasso di recidive e per incidenza nelle fasce d'età adolescenziali.

Se è meritorio l'intento di voler limitare le cause che portano all'interruzione volontaria di gravidanza, sostiene il Forum, "ridurre progressivamente la quota di Medici obiettori ad oggi operanti nelle strutture ‘provvedendo a sostituire immediatamente i Medici obiettori che impediscano l'applicazione della legge 194, la libera scelta contraccettiva della donna e l'utilizzo dei presidi farmacologici di prevenzione delle IVG' come previsto dalle linee di indirizzo è in contrasto con l'obiettivo indicato".

Considerato che l'aborto, chirurgico o medico che sia, non può che avvenire in ospedale e che proprio del consultorio è il compito preventivo pre- e post-concezionale, il Forum delle Associazioni Familiari si chiede come il medico obiettore possa essere considerato un ostacolo in tali circostanze.

"Tale pregiudizio, gravemente discriminatorio ed anticostituzionale, oltre che in contrasto con la lettera e lo spirito della legge 194 /78, è peraltro immotivato anche rispetto alla prescrizione della pillola del giorno dopo", dichiara.

Numerosi lavori scientifici dimostrano infatti che assicurare il libero accesso alla cosiddetta contraccezione d'emergenza, se ne incrementa l'impiego, non ha effetti sui tassi di gravidanza e di abortività.

Inoltre, se a ogni medico deve essere assicurato il diritto alla prescrizione medica secondo scienza e coscienza, è necessario attenersi al principio di precauzione nei casi di dubbio meccanismo d'azione del farmaco; ed è noto che la pillola del giorno dopo può agire anche con effetto antinidatorio se assunta in fase periovulatoria.

Il Forum lamenta anche che, malgrado l'attenzione dichiarata alla "libertà di scelta contraccettiva della donna", continui a non essere prevista nei consultori familiari la figura dell'insegnante della Regolazione naturale della fertilità, che risponderebbe anche alle istanze delle donne che intendono utilizzare questi metodi per la loro pianificazione familiare.

Il Forum si domanda come mai in Puglia non sia mai stato realizzato un sistema di monitoraggio delle cause che inducono le donne a richiedere l'IVG, né degli interventi preventivi alle IVG effettivamente realizzati, sia in relazione alle diverse realtà territoriali che in riferimento alla figura professionale preposta alla certificazione preliminare richiesta dalla legge 194. Per questo, chiede al Governo regionale di "approntare adeguati sistemi di rilevazione che certamente gioverebbero ad una reale politica preventiva del dramma dell'aborto".

In merito alla prevenzione dell'aborto e all'assistenza sociale per i danni psicologici provocati dalle IVG, il Forum delle Associazioni Familiari si chiede come mai nelle linee guida non siano previste figure professionali come il pedagogista o il mediatore familiare.

Il Forum deplora inoltre l'assoluta mancanza di collegamento con le diverse Associazioni Familiari, di volontariato o di promozione sociale, espressione di una società civile da tempo impegnata attivamente sul territorio in questi impegnativi campi d'azione. La loro collaborazione con i consultori familiari era prevista dallo stesso Piano Sanitario Regionale al fine di costruire un sistema di relazioni con le altre strutture e servizi preposti.

"Spiace notare - conclude il Forum - una resistenza pregiudiziale a costruire il benessere comune individuando nella società civile una reale protagonista dell'azione democratica, a detrimento della possibilità di realizzare un sistema di welfare locale veramente sussidiario e di rete".

MA LA 194 VA BENISSIMO, GUAI A CHI LA TOCCA!


MA LA 194 VA BENISSIMO, GUAI A CHI LA TOCCA!

AL DIPARTIMENTO MATERNO-INFANTILE - UNITÀ OPERATIVA ASS. CONSULTORIALE
DI ALBENGA
SI PUÒ ABORTIRE PER VIA “URGENTE” ANCHE SENZA GRAVIDANZA IN CORSO.

Aborto: è ora di fermare l’indegna campagna di frode nei confronti delle donne

Tante donne, in tre anni, si sono presentate al Centro di Aiuto alla
Vita-ingauno, chiedendo sostegno alla maternità e denunciando di aver
ottenuto dai Consultori pubblici il certificato di aborto, senza né
una visita ginecologica nè un esame ematochimico che accertasse la
gravidanza. I consultori, sulla base di appositi regolamenti o
convenzioni, collaborino con i Centri di Aiuto alla Vita che operano
sul territorio locale per aiutare la maternità difficile durante la
gravidanza e dopo la nascita

“Ad Albenga, anche se non sei incinta, puoi abortire. Si, ad Albenga,
anche senza una gravidanza in corso certificata, le Istituzioni
dell’ASL savonese, preposte alla tutela della maternità, ti “aiutano”
per legge ad abortire. Basta fare in fretta e andarsene quanto prima
fuori dal Consultorio familiare pubblico… e ti riconoscono pure la
clausola dell’urgenza, in appena soli cinque minuti. Non volevamo
crederci, ma, dopo gli oltre dieci casi di donne che, in tre anni, si
sono presentati al Centro Aiuto alla Vita-ingauno, chiedendo sostegno
alla maternità e denunciando di aver ottenuto il certificato di
aborto, senza né una visita ginecologica nè un esame ematochimico che
accertasse la gravidanza, abbiamo voluto mettere alla prova gli
operatori sanitari del Dipartimento materno-infantile - Unità
operativa Ass. Consultoriale, diretto dalla Dott.ssa Paola Pregliasco.
Ad una donna, nostra complice, che si è presentata quindici giorni fa
al Consultorio familiare Asl di Albenga, è stato rilasciato un
certificato, che costituisce per la donna “titolo per il ricovero
urgente e non dilazionabile”, firmato dal Ginecologo Dott. Renzo
Contin e timbrato “Consultorio Familiare”, che attesta quanto segue:
“accertato lo stato di gravidanza ed espletate le procedure previste
dal 2° comma, art. 5 della legge 194/78, riscontrata l’esistenza delle
condizioni di cui al 3° comma dello stesso articolo, dichiara urgente
l’intervento per cui la richiedente può presentarsi immediatamente in
una delle sedi autorizzate” per effettuare l’ivg. Peccato che la donna
in questione, in realtà, in quella giornata non fosse neppure
incinta, come dimostrano i referti degli esami delle urine in suo
possesso e, per aver solo dichiarato di essere alla 10a settimana e di
essere in condizioni economiche disagiate, ha ottenuto un certificato
attestante l'urgenza, quando il medico del Consultorio familiare
pubblico non ha neppure verificato l'esistenza della gravidanza e
neppure ha riscontrato le condizioni tali da rendere urgente
l'intervento di ivg”. Con queste parole Eraldo Ciangherotti,
Presidente della Federvita Liguria e del Centro Aiuto Vita-ingauno,
denuncia la mancata applicazione della legge 194/78 e il falso in atto
pubblico commessi al Consultorio Familiare ASL di Albenga,
Dipartimento materno-infantile, nell’ autorizzare una I.V.G. su
gravidanza inesistente e on accertata.
“Basterebbe poco per una reale tutela sociale della maternità -
continua Ciangherotti-, basterebbe già solo un protocollo di intesa
tra ASL, Comuni e Centri di Aiuto alla Vita, per cominciare ad aiutare
le donne che, di fronte ad una gravidanza inattesa e in condizioni
economiche disagiate, si trovano in circostanze talvolta
psicologicamente rilevanti. Si preferisce invece, a livello delle
Istituzioni, abbandonare la donna alla sua condizione disagiata, non
darle nemmeno la possibilità di considerare seriamente la sua
gravidanza ed eventualmente di scegliere liberamente. Si fa prima ad
eliminare il concepito, piuttosto che tentare di costruire un progetto
a sostegno della madre. I consultori pubblici, istituiti ai sensi
dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, di
fatto disattendono la legge 194/78, perché non contribuiscono a far
superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione
della gravidanza. I consultori, sulla base di appositi regolamenti o
convenzioni, almeno si avvalgano, per i fini previsti dalla legge,
della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e
di associazioni del volontariato, come i Centri di Aiuto alla Vita che
operano sul territorio locale e che possono anche aiutare la maternità
difficile durante la gravidanza e dopo la nascita”.
“Eppure la legge 194/78 - continua Ginetta Perrone, Vicepresidente del
CAV-ingauno - in materia di aborto, parla chiaro. Tale legge, così
osannata da certa cultura femminista come la migliore legge attuata a
favore della donna, si è rivelata ancora una volta un enorme
boomerang, altro che una conquista sociale. Di fatto è una legge ad
hoc, non per la tutela della maternità ma per la frode delle donne.
Si, anche ad Albenga. Infatti la Legge 194/78 di fatto, anche nel
nostro territorio locale, a trent’anni dalla sua promulgazione, non
tutela né la maternità della donna, né il nascituro. Il Dipartimento
materno-infantile- Unità operativa Ass. Consultoriale albenganese
aiuta la donna a rimuovere le cause della scelta di abortire? Vi sono
risorse economiche da parte degli Enti locali che possano essere
offerte ad una donna con una gravidanza indesiderata? La risposta è
negativa, in entrambi i casi. Anche se la legge parla chiaro, di fatto
le Istituzioni pubbliche (Asl, Comuni e Regione Liguria) applicano il
protocollo operativo più rapido, per eliminare il concepito e
derubricare il compito istituzionale di tutelare la salute della
donna. Di tutta la provincia di Savona, solo il Comune di Loano ad
oggi ha inteso promuovere la maternità disagiata, investendo risorse
economiche in sinergia con i volontari del Centro Aiuto Vita ingauno.
Numerose donne, arrivate da noi negli ultimi tre anni, si erano
rivolte al consultorio familiare pubblico riferendo al medico di
essere incinta e avendo accusato “circostanze per le quali la
prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità era
incompatibile con le proprie condizioni economiche”. È bastato un
semplicissimo disagio economico o addirittura il risultato di un
semplice test di gravidanza acquistato in farmacia, per ottenere il
certificato di I.V.G., ai sensi dell’art.4 della legge 194/78, senza
neppure una visita ginecologica di accertamento. In ambulatorio
constatata verbalmente la gravidanza in corso si rilascia un
certificato, persino urgente, a mò di bancomat aperto 24 ore su 24,
senza alcun tentativo per scongiurare l’aborto. Non serve neppure
esibire un test delle B-Hcg su siero o su urine. Basta dire di
“sentirsi incinta” o di essere positivi ad un test di gravidanza
domiciliare e il certificato è assicurato, poco importa se è un falso
in atto pubblico”.
“La cosa deprimente per le donne- conclude Ciangherotti- è stato
constatare che, nella realtà dei fatti, è disattesa la legge proprio
laddove si garantisce che “il consultorio e la struttura
socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti
medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la
richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza
delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della
gestante, di esaminare con la donna le possibili soluzioni dei
problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la
porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado
di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere
ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti
gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”. Ecco
perché non possiamo tacere l’accaduto, perché le donne non meritano
questo disinteresse e questa indifferenza dalle Istituzioni. Infine
che la gravidanza rientri nei primi novanta giorni o oltre a nessuno
interessa verificarlo, neppure se per legge è obbligatorio. Non
interessa neppure al ginecologo del Consultorio Familiare che
autorizza l’ivg per via “urgente”.


"Harvard": Sui profilattici il Papa ha ragione

“Sui profilattici il Papa ha ragione”

Lo dice il Direttore di un progetto di prevenzione dell’AIDS di Harvard

In una intervista pubblicata da “il Sussidiario” il dott. Edward Green, Direttore dell'AIDS Prevention Research Project della Harvard School of Public Health and Center for Population and Development Studies, ha sostenuto che in merito ai profilattici “il Papa ha ragione”.

“Sono un liberal sui temi sociali e per me è difficile ammetterlo, ma il Papa ha davvero ragione”, ha spiegato il dott. Green.

“Le prove che abbiamo – ha precisato – dimostrano che, in Africa, i preservativi non funzionano come intervento per ridurre il tasso di infezione da HIV. […] Quello che si riscontra in realtà è una relazione tra un più largo uso di preservativi e un maggiore tasso di infezione”.

Il dott Green ha poi spiegato: “Non conosciamo tutte le cause di questo fenomeno, ma parte di esso è dovuto a ciò che chiamiamo compensazione del rischio. Significa che chi usa i preservativi è convinto che siano più efficaci di quanto realmente sono, finendo così per assumere maggiori rischi sessuali”.

“Un altro fatto che è ampiamente trascurato – ha aggiunto – è che i preservativi sono usati in caso di sesso occasionale o a pagamento, ma non sono usati tra persone sposate o con il partner abituale. Perciò, una conseguenza dell’incremento nell’uso dei preservativi può essere un aumento del sesso occasionale”.
se vi interessa segue l'intervista!

AFRICA/ 1. Green (Harvard): io, scienziato laico, sto con il Papa

lunedì 23 marzo 2009

Il dott. Edward Green è il Direttore dell'AIDS Prevention Research Project della Harvard School of Public Health and Center for Population and Development Studies. Una voce autorevole in campo medico e con una grande esperienza nella lotta all'AIDS nei Paesi in via di sviluppo. Ilsussidiario.net lo ha intervistato in esclusiva.

Le dichiarazioni del Papa su AIDS e uso dei preservativi è al centro di un aspro dibattito e molti, da Kouchner a Zapatero, inclusa la UE, hanno definito la sua posizione come astratta e alla fine anche pericolosa. Qual è la sua opinione?

Io sono un liberal sui temi sociali e per me è difficile ammetterlo, ma il Papa ha davvero ragione. Le prove che abbiamo dimostrano che, in Africa, i preservativi non funzionano come intervento per ridurre il tasso di infezione da HIV. Hanno funzionato, per esempio, in Tailandia e Cambogia che hanno dinamiche epidemiologiche molto diverse.

In una recente intervista a National Review Online, lei ha detto che non vi è alcuna consistente relazione tra l’uso del preservativo e un più basso tasso di infezione da HIV. Può approfondire questa affermazione?

Quello che si riscontra in realtà è una relazione tra un più largo uso di preservativi e un maggiore tasso di infezione. Non conosciamo tutte le cause di questo fenomeno, ma parte di esso è dovuto a ciò che chiamiamo compensazione del rischio. Significa che chi usa i preservativi è convinto che siano più efficaci di quanto realmente sono, finendo così per assumere maggiori rischi sessuali. Un altro fatto che è ampiamente trascurato è che i preservativi sono usati in caso di sesso occasionale o a pagamento, ma non sono usati tra persone sposate o con il partner abituale. Perciò, una conseguenza dell’incremento nell’uso dei preservativi può essere un aumento del sesso occasionale.

Quindi, per quanto sorprendente, è provato che un maggior utilizzo di preservativi è collegato ad un più alto tasso di infezione?

Si è cominciato a notare qualche anno fa che, in Africa, i paesi con maggiore disponibilità di preservativi e tassi superiori di loro utilizzo avevano anche il più alto tasso di infezione da HIV. Questo non prova una relazione causale, ma ci avrebbe dovuto portare qualche anno fa a valutare in modo più critico i programmi relativi all’utilizzo del preservativo.

Oltre il caso dell’Uganda, vi sono altre prove che il modello cosiddetto ABC (Abstinence, Be faithful, Condom) possa funzionare?

Stiamo osservando il declino dell’HIV in almeno 8 o 9 paesi africani. In tutti i casi, la proporzione di uomini e donne che dichiarano rapporti sessuali con molti partner è diminuito qualche anno prima che noi riscontrassimo questo declino. Tuttavia, molti programmi contro l’AIDS mettono l’accento su preservativi, controlli e farmaci: questo ampio cambiamento nel comportamento è quindi avvenuto malgrado questi programmi, che hanno posto l’enfasi su elementi errati (almeno per l’Africa). Sono contento di riferire che i due paesi con il più alto tasso di infezione, Swaziland e Botswana, hanno lanciato campagne mirate a scoraggiare i rapporti sessuali con partner multipli e contemporanei.

L’astinenza tra i ragazzi è un altro fattore, ovviamente. Se le persone cominciano a fare sesso in un’età più adulta avranno meno partner sessuali durante la loro vita, diminuendo così le probabilità di contrarre infezioni da HIV.

Quindi, nella lotta contro l’AIDS la riduzione del numero dei partner sessuali è uno dei fattori più importanti.

Come ho già detto, è la sfida più importante in questa battaglia.

Un’ultima domanda. Nel modello ABC, A e B non sono così economicamente rilevanti come C, che ha alle spalle una forte industria. È improprio dire che non si tratta, quindi, solo di una questione culturale e sanitaria, ma anche economica?

Dipende da cosa intende per aspetti economici. Se consideriamo i programmi ABC, PEPFAR (programma governativo di lotta contro l’AIDS varato nel 2003 da Bush) è l’unico grande donatore che ha immesso reali finanziamenti in A e B e, forse purtroppo, la maggior parte dei soldi, e comunque dell’enfasi, sull’astinenza. Il fattore B è il più importante, con l’astinenza al secondo posto, secondo la mia opinione e in accordo con le evidenze da me riscontrate.

Se invece il punto è se la povertà dà impulso all’AIDS, anche in questo caso l’Africa è diversa dal resto del mondo, perché in Africa il tasso di infezione è più alto presso i ceti più agiati e più istruiti. Perciò il miglioramento della situazione economica dei paesi africani non porterà una diminuzione delle infezioni. Questa evidentemente non è una buona ragione per abbandonare a se stesse le economie africane.

sabato 21 marzo 2009

CIO' CHE LA CHIESA DICE E NON DICE SUL PRESERVATIVO

Ciò che la Chiesa dice e non dice sul preservativo(link all'articolo originale)

Il presidente dei medici cattolici spiega il dibattito

BARCELLONA, giovedì, 19 marzo 2009 (ZENIT.org).- Leggendo i giornali si ha l'impressione che la Chiesa dica che se una persona ha rapporti sessuali con una prostituta non deve usare il preservativo, riconosce il presidente dell'associazione dei medici cattolici del mondo.

José María Simón Castellví illustra con questo esempio la superficialità con cui alcuni mezzi di comunicazione hanno informato sulle parole pronunciate da Benedetto XVI questo martedì a bordo dell'aereo che lo stava portando in Camerun, quando ha spiegato che il preservativo non è la soluzione all'Aids.

“La Chiesa difende la fedeltà, l'astinenza e la monogamia come armi migliori”, indica il presidente della Federazione Internazionale dei Medici Cattolici (FIAMC) in una dichiarazione rilasciata a ZENIT.

I media e anche alcuni rappresentanti politici hanno tuttavia accusato la Chiesa di promuovere l'Aids in Africa. Ovviamente, osserva il medico, la Chiesa non sta dicendo che si possono avere relazioni sessuali promiscue di ogni tipo a patto di non utilizzare il preservativo.

Il dottor Simón spiega che per comprendere ciò che la Chiesa dice sul preservativo bisogna capire cos'è l'amore, come ha spiegato lo stesso Papa ai giornalisti, anche se questo passaggio della conversazione è stato “censurato” dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione.

“Il preservativo è una barriera, ma una barriera con limiti che molte volte vengono aggirati. Soprattutto tra i giovani può essere controproducente dal punto di vista della trasmissione del virus”, ha aggiunto.

“Noi medici cattolici siamo a favore della conoscenza scientifica – spiega –. Non diciamo le cose solo per motivi ideologici. Come ammettiamo che un adulterio di pensiero non trasmette alcun virus ma è qualcosa di negativo, dobbiamo dire che i preservativi hanno i loro pericoli. Sono barriere limitate”.

Il medico illustra la posizione della Chiesa citando un caso reale, raccolto dai media informativi.

A Yaoundé, in Camerun, si è celebrata nel 1993 la VII Riunione Internazionale sull'Aids con esperti medici e sanitari. Hanno partecipato circa trecento congressisti e al termine è stato distribuito un questionario perché si indicasse, tra le altre cose, se si aveva avuto rapporti sessuali nei tre giorni in cui era durata la riunione con persone con cui non si facesse coppia fissa.

Degli interpellati, il 28% rispose di sì, e un terzo di questi disse di non aver preso alcuna “precauzione” per evitare contagi.

“Se ciò avviene tra persone 'coscienziose', cosa accadrà tra la gente 'normale'?”, si è chiesto Simón Castellví.

...aiuto

Carissimi amici miei,
vi scrivo perchè ho bisogno del vostro aiuto o meglio delle vostre preghiere... non vi sto a raccontare tutta la storia per chè ci vorrebbe troppo tempo vi dico però che c'è la sorella di una mia amica che è in cinta di 3 mesi anzi quasi 4 e ha deciso di abortire...... A questa notizia sono rimasto impietrito solo la preghiera potrà cambiare la cosa anche perchè lei ha già deciso e avrebbe trovato anche chi glielo farebbe nonostante i quasi 4 mesi di gravidanza... Vi prego fermiamo questo omicidio
Grazie di cuore e se conoscete altri indirizzi a cui mandare questa mail giratela pure
mail firmata

Testimonianza Uganda: amare una figlia frutto di violenza

Testimonianza Uganda: amare una figlia frutto di violenza



La sera del mercoledi’ delle ceneri ero letteralmente sfinito: avevo celebrato tre sante Messe e imposto le ceneri sulla testa a qualche migliaio di persone. Anche se non e’ festa di precetto, tanta gente, nell’intervallo del pranzo o alla sera subito dopo il lavoro, viene alla santa Messa per ricevere le ceneri. Portano anche i bambini e guai a non mettere le ceneri anche a loro.
Molti poi, oltre a ricevere la cenere sul capo, la vogliono pure in mano o in un pezzetto di carta o in un fazzoletto, cosi’ da poterla portare a casa per coloro che non hanno potuto venire in chiesa. E’ un atto penitenziale e qualche volta mi viene persino il dubbio che ci sia un po’ di fanatismo, ma vedendo la devozione che ci mettono, debbo dire che e’ fede ed e’ un modo per esprimere pentimento del proprio essere peccatori. Tutto quanto detto non c’entra nulla con la ragione per cui le scrivo, ma in qualche modo fa da contorno. Stavo per andare a letto ed entrai nel mio ufficio solo per assicurarmi che le porte anteriori fossero chiuse. Notai sul mio tavolo una lettera che non avevo ancora aperto. La aprii e lessi.

Eccoti il contenuto:
Caro Padre, sono una ragazza di 14 anni, nativa di Gulu, Layibi. Nel 1993 mia madre era una studentessa del terzo anno di scuola superiore presso il collegio del Sacro Cuore di Gulu. Mentre era in vacanza i ribelli del Lra (
Lord’s Resistance Army, Esercito di resistenza del Signore: gruppo di ribelli ugandesi, Ndr)
arrivarono al suo villaggio, uccisero i suoi genitori, violentarono mia mamma e sono nata io. Oltre ad aver concepito me, mia mamma ha pure ricevuto il virus dell’Aids e ora e’ sieropositiva Hiv. Io invece sono nata pulita.
Non posso sapere chi puo’ essere stato mio padre, ma la mamma si’: mi ha fatta nascere, mi ha cresciuta e pure mandata a scuola. Per pagare la mia scuola elementare ha lavorato cucendo e ha avuto molta cura di me, pero’ ora non riesce a guadagnare soldi sufficienti per la scuola superiore. Ho saputo che tu aiuti gli orfani e hai una scuola ove c’e’ molta disciplina. Mi potresti prendere e aiutare a pagare
la retta? Io voglio studiare per poter aiutare e aver cura di mia mamma che sta diventando sempre piu’ debole. Spero che tu consideri questa mia domanda e io preghero’ per te perche’ Dio ti benedica e assista ad aiutare coloro che hanno bisogno.
Maria Goretti Anena

Dopo aver letto la lettera, sono andato a letto ma non sono riuscito a dormire. Ero disturbato dentro di me da un misto di gioia, di rabbia, di soddisfazione e di riconoscenza verso Dio che sa trarre atti eroici dalle persone semplici e insignificanti come possono essere queste nostre ragazze appena cristianizzate.
Perche’ la rabbia ? Perche’ un esempio come questo dovrebbe far ammutolire quegli spacciatori di civilta’ fasulla che abbiamo nel mondo progredito pronto a legiferare contro il diritto alla vita.
Come e’ andata a finire questa storia? Al mattino mi sono alzato; sono andato alla scuola; mi sono assicurato che il direttore mi trovasse un posto per inserire questa ragazza (solo la mattina precedente gli avevo promesso che non avrei portato alcun nuovo studente). E il direttore mi disse che dovremo farla dormire per terra, perche’ anche i letti a tre piani sono tutti occupati. Se la ragazza accetta, la prendiamo. Chiamai la ragazza; le dissi di venire con la madre e vennero il giorno dopo. Feci un po’ di domande trabocchetto per assicurarmi che non mi avessero detto bugie e le proposi di dormire per terra su un materasso di gomma piuma. Si inginocchio’ davanti a me e mi disse: ora sono contenta perche’ so di avere un papa’ anch’io! La madre mi ringrazio’ e mi disse: «Padre, io finche’ posso continuero’ a lavorare e contribuiro’ per le spese della mia figlia». Le chiesi pure: perche’ hai dato il nome di Maria Goretti a tua figlia?
Rispose che era stata la piccola a volere quel nome quando era in terza elementare: il catechista racconto’ la storia di Maria Goretti e lei la scelse come nome e santa protettrice.
Qui alla scuola abbiamo 10 ragazze che negli anni novanta furono rapite dai ribelli alla scuola di Aboke; passarono 8 anni come mogli schiave dei ribelli; quando fuggirono scapparono tutte coi loro figli e vennero da me a chiedermi se le accettavo alla scuola.
Accettai le ragazze alla scuola e i figli furono lasciati in varie famiglie e ora pure loro vanno a scuola col nostro aiuto.
Scusate se ho disturbato, ma ho pensato che forse potreste far sapere che esistono ragazze che hanno il coraggio di tenersi e amare il frutto della violenza. Chissa’ che non serva!
padre John Scalabrini

Avvenire 14.3.2009

martedì 10 marzo 2009

La lavatrice e l'emancipazione della donna

La lavatrice e l'emancipazione della donna

Metti il detersivo
chiudi il coperchio e rilassati


di Giulia Galeotti

Cosa nel Novecento ha maggiormente concorso all'emancipazione delle donne occidentali? Il dibattito è acceso. C'è chi dice la pillola, chi la liberalizzazione dell'aborto, chi il lavoro extradomestico. Qualcuno, però, osa maggiormente: la lavatrice.
Fu un teologo a porre le basi per questa rivoluzione. Nel 1767, infatti, Jacob Christian Schäffern di Ratisbona inventò la prima rudimentale macchina per lavare, perfezionata poi a fine Ottocento nel modello a catino con manovella girevole. Gli inizi del xx secolo videro quindi i primi esemplari elettrici, destinati però all'uso industriale. Una volta tanto, le campagne non erano escluse dal progresso: anzi, fu proprio lì che tutto prese avvio. Ci si accorse subito dell'enorme utilità di questi macchinari, e così, creatasi la domanda, molte ditte si riconvertirono. Fu il caso della Calor (società svedese che installava impianti di riscaldamento) e della Miele (che a Herzebrock, minuscola cittadina della Westfalia, produceva scrematrici), ditte note ancora oggi. Se le prime lavatrici per uso domestico fecero la loro comparsa negli anni Trenta, fu però necessario attendere il secondo dopoguerra per vederne il boom nel quotidiano. Il momento non fu casuale: la diffusione, infatti, avvenne in base a un calcolo ben preciso.
Nel tentativo di ricacciare le donne in casa dopo l'esperienza bellica, gli uomini trovarono un potente alleato proprio nella lavapanni (come del resto in tanti altri elettrodomestici). Il messaggio fu martellante: se sposarsi presto, trovare una sistemazione definitiva nel matrimonio, abbandonando studio e lavoro, era l'unico destino capace di permettere alle donne di realizzare la loro vera natura, tutto ciò - ed è questa la grande novità della modernità - poteva e doveva essere fatto senza sforzo né fatica. Cinema, televisione, giornali, pubblicitari, medici, psicologi e sociologi, tutti rivelarono alle donne la loro piacevole e appagante vocazione. Tutti mostrarono la sublime mistica del poter cambiare "le lenzuola due volte la settimana invece di una", tanto per citarne la massima esperta (e la più tenace critica), e cioè la Betty Friedan del 1963. L'immagine fu quella della super casalinga sorridente, truccata, vestita di tutto punto, radiosa e raggiante tra gli elettrodomestici di casa.
Da principio i macchinari erano ingombrantissimi. Nella sua autobiografia, Lisa Foa racconta: "La mia prima lavatrice me la mandò mia madre da Torino negli anni Cinquanta quando ancora non ce l'aveva nessuno. Era una lavatrice Fiat, enorme, e quando faceva la centrifuga correva per la stanza". Ben presto, però, la tecnologia mise a punto modelli più stabili, leggeri ed efficienti, fino ad arrivare alla lavatrice bilingue, lanciata dall'Electrolux in India: nel programma di lavaggio, infatti, la Washy talky fornisce sia in inglese che in indi preziosi indicazioni (come "metti il detersivo, chiudi il coperchio e rilassati!").
Alla loro salvatrice, le donne non hanno lesinato lodi. Un recente tributo è venuto dalla musica. Quando, dopo più di un decennio di silenzio, l'inconfondibile voce di Kate Bush è tornata a cantare, il cd Aerial (2005) conteneva una canzone, Mrs. Bartolozzi, dedicata proprio alla lavatrice. Persa tra i suoi pensieri, la casalinga protagonista si lancia in considerazioni esistenziali e filosofiche mentre guarda i panni che girano nel cestello. Il brano è espressione della nuova poetica della (allora) quarantottenne cantautrice inglese: la pluriennale pausa di riflessione lontana dalle scene le ha permesso infatti di riacquistare un sano rapporto con la quotidianità, ricchissima di spunti d'ispirazione.
In realtà però, Kate Bush s'è svegliata tardi. La casalinga che fa il bucato nella solitudine domestica pare ormai un'immagine vecchia, stantia e sessista. O almeno così ci dicono industriali, pubblicitari ed esperti di costume. Il designer spagnolo Pep Torres (per esempio) s'è messo a capo di un'autentica crociata antidiscriminazione sessuale (chi manda la lavatrice, il maschio?), creando il primo elettrodomestico al mondo che si attiva soltanto se il lavoro viene suddiviso fra tutti i membri della casa. La lavapanni, infatti, eloquentemente battezzata Your turn, è dotata di uno scanner che identifica le impronte digitali dell'utilizzatore: se viene accesa per due volte consecutive dalla stessa persona, semplicemente si rifiuta di fare il bucato.
Oltre che emancipare le donne, le lavatrici hanno fatto di più: uscendo di casa e insediandosi nei locali alla moda hanno emancipato loro stesse. Alle pubbliche lavanderie che da oltre trent'anni vanno incontro ai bisogni delle fasce più povere della popolazione americana, si stanno infatti affiancando un po' ovunque esercizi di lavaggio integrati con bar o ristoranti (da San Francisco ad Amburgo, da Miami Beach a Parigi, da Berlino a Londra). Cappuccini, aperitivi, cocktail, cene, collegamenti a internet e televisori al plasma fanno del bucato un momento di socializzazione, intrattenimento e seduzione (apripista, qui, il clip anni Ottanta con un indimenticabile Nick Kamen, e i suoi jeans).
Nessuna novità, sia chiaro: il bucato collettivo è, infatti, un ritorno all'antico. Se nell'Ippolito di Euripide è alla fonte dove si sono recate a fare il bucato che le donne di Trezene vengono a conoscenza della malattia di Fedra (che scatenerà il dramma), già nell'Odissea il bucato aveva permesso a Nausicaa, intenta con le sue ancelle a lavare i panni sulle rive del fiume, di incontrare "il ricco di espedienti" Ulisse. Persa poi la memoria di figlie di re alle prese con faticosi lavaggi, nei secoli l'operazione ha continuato a essere per tante donne occasione di chiacchiere, conoscenze e canti, come ci dice l'oleografia tradizionale.
Oggi però questo ritorno al passato è condito con indelebili tracce di modernità. Completamente assente la fatica e superata una scena solo femminile, "lavare i panni sporchi in famiglia" è ormai, almeno nel mondo occidentale, una frase preistorica. Fare il bucato è trendy solo se diviene un fenomeno collettivo. E cos'altro potrebbe essere in un contesto in cui la famiglia viene sempre più centrifugata?

viva la legge 40

La conservazione del sangue del cordone ombelicaleROMA, domenica, 8 marzo 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo per la rubrica di Bioetica un documento del Direttivo di Scienza & Vita introdotto dal dottor Carlo Valerio Bellieni.

* * *

Il documento dell'Associazione Scienza & Vita sulla conservazione del sangue di Cordone Ombelicale riporta i dati della comunità scientifica che ha sollevato perplessità sull'uso "per se stessi" (altresì detto autologo) del sangue del Cordone Ombelicale, mentre sottolinea l'importanza della donazione altruistica eterologa, a disposizione di tutti i malati senza distinzione, dello stesso sangue, che riveste un carattere terapeutico e pedagogico importantissimo. Invitiamo perciò a leggerlo, in primo luogo perché mostra dati sconosciuti su un tema di grande attualità e perché indica un metodo: partire dall'osservazione dei dati per non dare giudizi affrettati.

Carlo Bellieni*

Il sangue presente nella placenta umana è stato riconosciuto come ricco di cellule staminali, le quali - come altri tipi di cellule staminali ottenute da soggetti adulti, ovvero non da embrioni umani - hanno provata capacità terapeutica verso diverse malattie.

Il sangue presente nella placenta può essere prelevato attraverso il cordone ombelicale che dalla placenta stessa esce e per questo viene comunemente chiamato "sangue di cordone ombelicale" (SdCO). In realtà si tratta di sangue del feto, il cui sistema circolatorio prima della nascita è integrato col sistema di capillari presente nella placenta, al fine di poter scambiare col sangue della madre ossigeno, anidride carbonica e sostanze nutritive.

Il SdCO può essere prelevato con una semplice siringa alla nascita e conservato per diversi anni. Attualmente esistono in Italia e all'estero centri regionali che si occupano della conservazione e della messa a disposizione di pazienti che ne avessero bisogno. E' una raccolta e un uso detto "eterologo" o "altruista" che ha lo stesso principio alla base delle raccolte e donazioni di sangue per gli adulti: donazioni gratuite e messa a disposizione delle esigenze della collettività.

Recentemente è stata introdotta in alcuni Stati la pratica della "conservazione autologa" del SdCO che consiste nella conservazione "privata" del SCO ovvero nel deposito in banche private per un uso "personale" o al massimo "familiare".

Questa pratica è stata definita di scarsa utilità per lo stesso soggetto proprietario del SdCO per il semplice motivo che, nel caso di una malattia genetica che si manifestasse nel tempo, sarebbe controproducente curarsi con le proprie cellule che verosimilmente sono colpite dalla stessa malattia. L'American College of Obstetricians and Gynecologists afferma che le possibilità di usare il proprio sangue vengono calcolate approssimativamente in 1 caso su 2.700, e la Società Americana per il trapianto del Midollo Osseo alla domanda "Posso conservare il SdCO per il mio bimbo?" pubblicata nel suo sito web risponde "Certo, ma la possibilità di usare il proprio SdCO è molto bassa. Molti pazienti che necessitano trapianto di SdCO hanno bisogno di cellule da un donatore, non le proprie che possono contenere le stesse cellule che hanno prodotto la malattia. Spesso i fratelli e le sorelle sono i migliori donatori. D'altronde nei registri pubblici si possono trovare donatori compatibili". Su basi simili si esprime il recente rapporto [1] della senatrice Hermange a nome della Commissione Affari Sociali del Senato Francese e l'American Academy of Pediatrics spiega: "La donazione di SdCO dovrebbe essere scoraggiata quando diretta ad uso personale o familiare per la possibilità che nel sangue stesso ci siano cellule che causano la patologia che si vuole curare". "La donazione al pubblico deve essere incoraggiata" e al momento "la conservazione privata come assicurazione biologica deve essere scoraggiata". Anche un recente articolo del "Comitato di Medicina materno-fetale dei Ginecologi Canadesi" riporta che "la donazione altruistica di sangue di cordone ombelicale per un uso pubblico deve essere incoraggiata", ma "la conservazione per donazione autologa non è raccomandata date le limitate indicazioni e mancanza di evidenza scientifica per supportare detta pratica"; e il Comitato Nazionale di Etica francese, nel 2002 riportava che "La conservazione di SdCO per il bimbo stesso sembra una destinazione solitaria e restrittiva rispetto alla pratica solidale del dono. Si tratta di una capitalizzazione biologica preventiva, di un'assicurazione biologica di cui l'utilita effettiva appare ben modesta. La posizione del CCNE non è di considerarla moralmente condannabile in sé. Potrebbe essere proposta, in via eccezionale e non sistematica, in caso di gruppo HLA raro conosciuto". Il commento, infine, del Groupe européen d'éthique des sciences et des nouvelles technologies, un Comitato di Bioetica della Unione Europea conclude che "Bisogna interrogarsi sulla legittimità delle banche commerciali del SdCO a uso autologo, nella misura in cui offrano un servizio che, ad oggi, non presenta alcuna utilità reale in termini di possibilità terapeutiche" [2]. Il documento caldeggia inoltre che la pubblicità delle stesse banche debba chiaramente offrire informazioni sulle scarse possibilità per motivi clinici di usufruire del sangue conservato. E' un documento che merita, almeno nelle sue conclusioni, di essere letto integralmente.

In pratica, la legge italiana, come l'analoga legislazione francese, non consente la conservazione "per se stessi" del SCO -se non in casi di utilità per un altro membro della famiglia già affetto da malattia genetica-, ma forti campagne pubblicitarie e di opinione stanno spingendo per un'apertura al mercato anche in Italia. Questo non tiene in conto della scarsa utilità dell'alto costo, dei rischi per un possibile chiusura della "banca", delle diatribe medico-legali che sorgano quando il personale di sala parto deve decidere se ottemperare agli obblighi contrattuali di raccolta privata (con spesse già sostenute dalla famiglia) o se, nell'emergenza, dedicarsi alla cura della donna e del bambino disperdendo il SdCO.

La raccolta di SdCO pone anche dei problemi di giustizia distributiva e di pari accesso alle risorse, dato che, nella supposizione dell'efficacia salvavita del SdCO usato "per se stessi" non tutti i cittadini avranno i mezzi per accedervi, e taluni giungeranno all'indebitamento.

Da quanto sopra riportato, ci sembra ragionevole aderire alle raccomandazioni della succitata Società Americana per la Donazione del Midollo Osseo, che così la stessa Società riassume (febbraio 2008):

1. La donazione pubblica di SdCO deve essere incoraggiata

2. La probabilità di usare il proprio SdCO è molto piccola - difficile da quantificare ma probabilmente tra lo 0.04% (1:2500) e lo 0.0005% (1:200,000) nei primi 20 anni di vita, e perciò non deve essere raccomandata.

3. La raccolta per un membro della famiglia è raccomandata quando ci sia un fratello con una malattia che può essere trattata con successo con trapianto allogenico.

In conclusione, ci sembra ragionevole raccogliere le raccomandazioni delle società scientifiche e dei centri di bioetica succitati, che non raccomandano o addirittura scoraggiano la conservazione autologa del SdCO. Crediamo che l'attuale legislazione italiana sia coerente con quanto ora esposto e che essa sia altamente rispettosa dei diritti dei cittadini, portando ad un paritetico accesso ad una sorgente terapeutica ben riconosciuta (cellule staminali adulte) ed evitando lo spreco che si avrebbe se ognuno tenesse per sé il sangue, precludendone l'accesso a non consanguinei.

Una forma di corretto utilizzo, se si reputa imprescindibile venire incontro alle esigenze ormai inarrestabili del mercato, potrebbe essere quella di permettere la conservazione autologa con una possibilità del SSN di accedere alle scorte "private" se un qualunque cittadino ne avesse improvviso bisogno e non si trovasse sangue disponibile nelle scorte pubbliche; ovvero quella già praticata in Spagna, di subordinare la conservazione "privata" alla donazione di parte del sangue al SSN. Queste due forme sono subordinate, come affermato dal già citato Gruppo di Etica della Commissione Europea, ad una chiara e obbligatoria campagna di spiegazione al pubblico degli scarsi benefici della conservazione autologa e ad un controllo della pubblicità delle banche private che, oltre a esplicitare sempre e comunque i principi suddetti, non devono incoraggiare false speranze o promettere quello che non possono offrire.

Quanto sopra, è subordinato ad un'ottimizzazione e implemento dei centri di raccolta regionali.

Bibliografia:

Armson BA; Maternal/Fetal Medicine Committee, Society of Obstetricians and Gynaecologists of Canada. Umbilical cord blood banking: implications for perinatal care providers. J Obstet Gynaecol Can. 2005 Mar;27(3):263-90.

Comité consultatif national d' Éthique pour les sciences de la vie et de la santé. AVIS N° 74 (2002) Les banques de sang de cordon ombilical en vue d'une utilsation autologue ou de recherché. Disponibile a: http://www.ccne-ethique.fr/docs/fr/avis074.pdf

Groupe europeenne d'ethique des sciences et des nouvelles technologies aupres de la commission europeenne: Les aspects ethiques des banques de sang ombelical. Disponibile a: http://ec.europa.eu/european_group_ethics/docs/avis19_fr.pdf

American Society for Blood and Marrow Transplantation. Should You Store Your Baby's Umbilical Cord Blood? Disponibile a: http://www.asbmt.org/guide_for_parents

American College of Obstetricians and Gynecologists: ACOG Revises Opinion on Cord Blood Banking. Disponibile a: http://www.acog.org/from_home/publications/press_releases/nr02-01-08-2.cfm

American Academy of Pediatrics. Section on Hematology/Oncology and Section on Allergy/Immunology. Cord Blood Banking for Potential Future Transplantation. Pediatrics 2007;119(1):165-70

Marie-Thérèse Hermange: Rapport d'information fait au nom de la commission des Affaires sociales (1) sur le potentiel thérapeutique des cellules souches extraites du sang de cordon ombilical. Annexe au procès-verbal de la séance du 4 novembre 2008. Disponibile a:http://www.senat.fr/rap/r08-079/r08-0791.pdf

ASBMT Committee Report: Collection and Preservation of Cord Blood for Personal Use. Biology of Blood and Marrow Transplantation Volume 14, Issue 3, March 2008, Pages 356-363

[1] pg 29: Surtout, conserver le sang du cordon ombilical à titre privé, pour son enfant ou sa famille, dans l'espoir qu'un traitement futur sera développé à partir des cellules qu'il contient et permettra de guérir une éventuelle pathologie, malgré les 73 % de chance que le sang prélevé soit inutilisable, est un pari sur l'avenir qui n'est pas validé par les connaissances actuelles en matière médicale. En matière de thérapie, il est le plus souvent préférable d'avoir recours à un donneur extérieur. En effet, la récurrence des mêmes pathologies (exprimées ou inscrites dans les gènes) à l'intérieur d'une même famille est fréquente : il est donc préférable d'utiliser le sang d'un donneur extérieur à la famille, dont les cellules ne seront pas porteuses des mêmes pathologies que le malade. De fait, les thérapies existantes qui font usage du sang de cordon reposent sur les greffes allogènes, c'est-à-dire extrafamiliales.

[2] AVIS DU GROUPE EUROPÉEN D'ÉTHIQUE DES SCIENCES ET DES NOUVELLES TECHNOLOGIES AUPRÈS DE LA COMMISSION EUROPÉENNE

"Il convient de s'interroger sur la légitimité des banques commerciales de sang de cordon à usage autologue, en ce qu'elles proposent un service qui, à ce jour, ne présente aucune utilité réelle en termes de possibilités thérapeutiques. Ces banques promettent donc plus qu'elles ne peuvent offrir. Leurs activités suscitent de graves critiques sur le plan éthique". "Bien que certains membres du Groupe considèrent qu'il y a lieu d'interdire les activités de ce type de banques, la majorité estime qu'il faudrait les décourager, une interdiction formelle constituant une restriction indue à la liberté d'entreprise et de choix des individus/couples. Il convient que ces activités soient soumises à des conditions strictes".

* Dirigente del Dipartimento Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario "Le Scotte" di Siena e membro della Pontificia Accademia Pro Vita.

viva la legge 40

La conservazione del sangue del cordone ombelicaleROMA, domenica, 8 marzo 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo per la rubrica di Bioetica un documento del Direttivo di Scienza & Vita introdotto dal dottor Carlo Valerio Bellieni.

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Il documento dell'Associazione Scienza & Vita sulla conservazione del sangue di Cordone Ombelicale riporta i dati della comunità scientifica che ha sollevato perplessità sull'uso "per se stessi" (altresì detto autologo) del sangue del Cordone Ombelicale, mentre sottolinea l'importanza della donazione altruistica eterologa, a disposizione di tutti i malati senza distinzione, dello stesso sangue, che riveste un carattere terapeutico e pedagogico importantissimo. Invitiamo perciò a leggerlo, in primo luogo perché mostra dati sconosciuti su un tema di grande attualità e perché indica un metodo: partire dall'osservazione dei dati per non dare giudizi affrettati.

Carlo Bellieni*

Il sangue presente nella placenta umana è stato riconosciuto come ricco di cellule staminali, le quali - come altri tipi di cellule staminali ottenute da soggetti adulti, ovvero non da embrioni umani - hanno provata capacità terapeutica verso diverse malattie.

Il sangue presente nella placenta può essere prelevato attraverso il cordone ombelicale che dalla placenta stessa esce e per questo viene comunemente chiamato "sangue di cordone ombelicale" (SdCO). In realtà si tratta di sangue del feto, il cui sistema circolatorio prima della nascita è integrato col sistema di capillari presente nella placenta, al fine di poter scambiare col sangue della madre ossigeno, anidride carbonica e sostanze nutritive.

Il SdCO può essere prelevato con una semplice siringa alla nascita e conservato per diversi anni. Attualmente esistono in Italia e all'estero centri regionali che si occupano della conservazione e della messa a disposizione di pazienti che ne avessero bisogno. E' una raccolta e un uso detto "eterologo" o "altruista" che ha lo stesso principio alla base delle raccolte e donazioni di sangue per gli adulti: donazioni gratuite e messa a disposizione delle esigenze della collettività.

Recentemente è stata introdotta in alcuni Stati la pratica della "conservazione autologa" del SdCO che consiste nella conservazione "privata" del SCO ovvero nel deposito in banche private per un uso "personale" o al massimo "familiare".

Questa pratica è stata definita di scarsa utilità per lo stesso soggetto proprietario del SdCO per il semplice motivo che, nel caso di una malattia genetica che si manifestasse nel tempo, sarebbe controproducente curarsi con le proprie cellule che verosimilmente sono colpite dalla stessa malattia. L'American College of Obstetricians and Gynecologists afferma che le possibilità di usare il proprio sangue vengono calcolate approssimativamente in 1 caso su 2.700, e la Società Americana per il trapianto del Midollo Osseo alla domanda "Posso conservare il SdCO per il mio bimbo?" pubblicata nel suo sito web risponde "Certo, ma la possibilità di usare il proprio SdCO è molto bassa. Molti pazienti che necessitano trapianto di SdCO hanno bisogno di cellule da un donatore, non le proprie che possono contenere le stesse cellule che hanno prodotto la malattia. Spesso i fratelli e le sorelle sono i migliori donatori. D'altronde nei registri pubblici si possono trovare donatori compatibili". Su basi simili si esprime il recente rapporto [1] della senatrice Hermange a nome della Commissione Affari Sociali del Senato Francese e l'American Academy of Pediatrics spiega: "La donazione di SdCO dovrebbe essere scoraggiata quando diretta ad uso personale o familiare per la possibilità che nel sangue stesso ci siano cellule che causano la patologia che si vuole curare". "La donazione al pubblico deve essere incoraggiata" e al momento "la conservazione privata come assicurazione biologica deve essere scoraggiata". Anche un recente articolo del "Comitato di Medicina materno-fetale dei Ginecologi Canadesi" riporta che "la donazione altruistica di sangue di cordone ombelicale per un uso pubblico deve essere incoraggiata", ma "la conservazione per donazione autologa non è raccomandata date le limitate indicazioni e mancanza di evidenza scientifica per supportare detta pratica"; e il Comitato Nazionale di Etica francese, nel 2002 riportava che "La conservazione di SdCO per il bimbo stesso sembra una destinazione solitaria e restrittiva rispetto alla pratica solidale del dono. Si tratta di una capitalizzazione biologica preventiva, di un'assicurazione biologica di cui l'utilita effettiva appare ben modesta. La posizione del CCNE non è di considerarla moralmente condannabile in sé. Potrebbe essere proposta, in via eccezionale e non sistematica, in caso di gruppo HLA raro conosciuto". Il commento, infine, del Groupe européen d'éthique des sciences et des nouvelles technologies, un Comitato di Bioetica della Unione Europea conclude che "Bisogna interrogarsi sulla legittimità delle banche commerciali del SdCO a uso autologo, nella misura in cui offrano un servizio che, ad oggi, non presenta alcuna utilità reale in termini di possibilità terapeutiche" [2]. Il documento caldeggia inoltre che la pubblicità delle stesse banche debba chiaramente offrire informazioni sulle scarse possibilità per motivi clinici di usufruire del sangue conservato. E' un documento che merita, almeno nelle sue conclusioni, di essere letto integralmente.

In pratica, la legge italiana, come l'analoga legislazione francese, non consente la conservazione "per se stessi" del SCO -se non in casi di utilità per un altro membro della famiglia già affetto da malattia genetica-, ma forti campagne pubblicitarie e di opinione stanno spingendo per un'apertura al mercato anche in Italia. Questo non tiene in conto della scarsa utilità dell'alto costo, dei rischi per un possibile chiusura della "banca", delle diatribe medico-legali che sorgano quando il personale di sala parto deve decidere se ottemperare agli obblighi contrattuali di raccolta privata (con spesse già sostenute dalla famiglia) o se, nell'emergenza, dedicarsi alla cura della donna e del bambino disperdendo il SdCO.

La raccolta di SdCO pone anche dei problemi di giustizia distributiva e di pari accesso alle risorse, dato che, nella supposizione dell'efficacia salvavita del SdCO usato "per se stessi" non tutti i cittadini avranno i mezzi per accedervi, e taluni giungeranno all'indebitamento.

Da quanto sopra riportato, ci sembra ragionevole aderire alle raccomandazioni della succitata Società Americana per la Donazione del Midollo Osseo, che così la stessa Società riassume (febbraio 2008):

1. La donazione pubblica di SdCO deve essere incoraggiata

2. La probabilità di usare il proprio SdCO è molto piccola - difficile da quantificare ma probabilmente tra lo 0.04% (1:2500) e lo 0.0005% (1:200,000) nei primi 20 anni di vita, e perciò non deve essere raccomandata.

3. La raccolta per un membro della famiglia è raccomandata quando ci sia un fratello con una malattia che può essere trattata con successo con trapianto allogenico.

In conclusione, ci sembra ragionevole raccogliere le raccomandazioni delle società scientifiche e dei centri di bioetica succitati, che non raccomandano o addirittura scoraggiano la conservazione autologa del SdCO. Crediamo che l'attuale legislazione italiana sia coerente con quanto ora esposto e che essa sia altamente rispettosa dei diritti dei cittadini, portando ad un paritetico accesso ad una sorgente terapeutica ben riconosciuta (cellule staminali adulte) ed evitando lo spreco che si avrebbe se ognuno tenesse per sé il sangue, precludendone l'accesso a non consanguinei.

Una forma di corretto utilizzo, se si reputa imprescindibile venire incontro alle esigenze ormai inarrestabili del mercato, potrebbe essere quella di permettere la conservazione autologa con una possibilità del SSN di accedere alle scorte "private" se un qualunque cittadino ne avesse improvviso bisogno e non si trovasse sangue disponibile nelle scorte pubbliche; ovvero quella già praticata in Spagna, di subordinare la conservazione "privata" alla donazione di parte del sangue al SSN. Queste due forme sono subordinate, come affermato dal già citato Gruppo di Etica della Commissione Europea, ad una chiara e obbligatoria campagna di spiegazione al pubblico degli scarsi benefici della conservazione autologa e ad un controllo della pubblicità delle banche private che, oltre a esplicitare sempre e comunque i principi suddetti, non devono incoraggiare false speranze o promettere quello che non possono offrire.

Quanto sopra, è subordinato ad un'ottimizzazione e implemento dei centri di raccolta regionali.

Bibliografia:

Armson BA; Maternal/Fetal Medicine Committee, Society of Obstetricians and Gynaecologists of Canada. Umbilical cord blood banking: implications for perinatal care providers. J Obstet Gynaecol Can. 2005 Mar;27(3):263-90.

Comité consultatif national d' Éthique pour les sciences de la vie et de la santé. AVIS N° 74 (2002) Les banques de sang de cordon ombilical en vue d'une utilsation autologue ou de recherché. Disponibile a: http://www.ccne-ethique.fr/docs/fr/avis074.pdf

Groupe europeenne d'ethique des sciences et des nouvelles technologies aupres de la commission europeenne: Les aspects ethiques des banques de sang ombelical. Disponibile a: http://ec.europa.eu/european_group_ethics/docs/avis19_fr.pdf

American Society for Blood and Marrow Transplantation. Should You Store Your Baby's Umbilical Cord Blood? Disponibile a: http://www.asbmt.org/guide_for_parents

American College of Obstetricians and Gynecologists: ACOG Revises Opinion on Cord Blood Banking. Disponibile a: http://www.acog.org/from_home/publications/press_releases/nr02-01-08-2.cfm

American Academy of Pediatrics. Section on Hematology/Oncology and Section on Allergy/Immunology. Cord Blood Banking for Potential Future Transplantation. Pediatrics 2007;119(1):165-70

Marie-Thérèse Hermange: Rapport d'information fait au nom de la commission des Affaires sociales (1) sur le potentiel thérapeutique des cellules souches extraites du sang de cordon ombilical. Annexe au procès-verbal de la séance du 4 novembre 2008. Disponibile a:http://www.senat.fr/rap/r08-079/r08-0791.pdf

ASBMT Committee Report: Collection and Preservation of Cord Blood for Personal Use. Biology of Blood and Marrow Transplantation Volume 14, Issue 3, March 2008, Pages 356-363

[1] pg 29: Surtout, conserver le sang du cordon ombilical à titre privé, pour son enfant ou sa famille, dans l'espoir qu'un traitement futur sera développé à partir des cellules qu'il contient et permettra de guérir une éventuelle pathologie, malgré les 73 % de chance que le sang prélevé soit inutilisable, est un pari sur l'avenir qui n'est pas validé par les connaissances actuelles en matière médicale. En matière de thérapie, il est le plus souvent préférable d'avoir recours à un donneur extérieur. En effet, la récurrence des mêmes pathologies (exprimées ou inscrites dans les gènes) à l'intérieur d'une même famille est fréquente : il est donc préférable d'utiliser le sang d'un donneur extérieur à la famille, dont les cellules ne seront pas porteuses des mêmes pathologies que le malade. De fait, les thérapies existantes qui font usage du sang de cordon reposent sur les greffes allogènes, c'est-à-dire extrafamiliales.

[2] AVIS DU GROUPE EUROPÉEN D'ÉTHIQUE DES SCIENCES ET DES NOUVELLES TECHNOLOGIES AUPRÈS DE LA COMMISSION EUROPÉENNE

"Il convient de s'interroger sur la légitimité des banques commerciales de sang de cordon à usage autologue, en ce qu'elles proposent un service qui, à ce jour, ne présente aucune utilité réelle en termes de possibilités thérapeutiques. Ces banques promettent donc plus qu'elles ne peuvent offrir. Leurs activités suscitent de graves critiques sur le plan éthique". "Bien que certains membres du Groupe considèrent qu'il y a lieu d'interdire les activités de ce type de banques, la majorité estime qu'il faudrait les décourager, une interdiction formelle constituant une restriction indue à la liberté d'entreprise et de choix des individus/couples. Il convient que ces activités soient soumises à des conditions strictes".

* Dirigente del Dipartimento Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario "Le Scotte" di Siena e membro della Pontificia Accademia Pro Vita.

sabato 7 marzo 2009

biondo con gli occhi azzurri...w l'italia e la legge 40!

se non lo avete ancora fatto guardate il film "Gattaca"...sembrava fantascienza! poi leggete l'articolo che segue preso dal sito internet www.zenit.org...e trovate le differenze col film...
I bambini “alla carta” attentano contro l'etica
Avverte monsignor Elio Sgreccia

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 3 marzo 2009 (ZENIT.org).- La proposta di una clinica della fertilità di Los Angeles (Stati Uniti) di offrire ai futuri genitori la possibilità di scegliere il sesso del loro bambino o alcuni tratti fisici, come il colore dei capelli o degli occhi, rappresenta un grave attentato etico, avverte il Vescovo Elio Sgreccia.

Il presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita ha commentato ai microfoni della “Radio Vaticana” il nuovo affare proposto dal centro medico Fertility Institutes, che coma ha affermato conta già una “mezza dozzina” di proposte, secondo il quotidiano nordamericano “The Wall Street Journal”.

Per avere un bambino “alla carta”, la clinica si baserebbe sulla cosiddetta Diagnosi Genetica Preimpianto (DGP), che consiste nella selezione degli embrioni. Finora era stata applicata per selezionare embrioni che non avevano malattie ereditarie.; gli altri embrioni venivano eliminati. Ora questa tecnica si applica anche ai gusti estetici.

“Non è la prima volta che escono questo tipo di annunci e che hanno lo scopo di moltiplicare la clientela – afferma il presule –. In ogni caso, si tratta, di un’operazione eticamente scorretta e lesiva della dignità della prole, perché diretta a manipolare il corpo, a dominarlo e a trasformarlo secondo i propri gusti”.

“Così come è illecito che un bambino, che presenta o che potrebbe presentare dei difetti, venga eliminato per selezione negativa, così è illecito che si faccia una selezione che obbedisca unicamente ai desideri dei genitori”.

Secondo il Vescovo, si tratta di “un tipico esempio di una scienza che si mette a servizio non del bene, ma dei desideri dei committenti, a carico, in questo caso, dei bambini. Quando si viola una regola della creazione, così delicata, la legge dovrebbe essere interessata in questo campo”.

“E’ ormai possibile constatare che l’istinto manipolatorio – che ai tempi del nazismo era realizzabile fino ad un certo punto, non essendo conosciuto ciò che invece oggi è noto – è passato oltre l’abolizione dei regimi assoluti”, denuncia.

“Poteva sembrare che fosse una tendenza propria della sete di dominio che l’assolutismo politico ha sempre voluto esercitare sulla vita delle persone. Purtroppo, questo tipo di istinto di dominazione è insito negli uomini se non viene frenato dalla morale e della legge, e sopravvive anche nei regimi non più assoluti”, aggiunge.

“E' il medesimo istinto favorito non più da un regime, che vuole risultati di carattere bio-politico, ma dagli interessi di coloro che hanno soldi e capricci per giocare con la vita degli altri”.