giovedì 20 agosto 2009

Lo scopo ideologico della RU486

la lettera qui pubblicata è solo uno degli interventi di commento\risposta all'articolo pubblicato sul sito "tuttocasarano.it" dal presidente del MxV di Casarano.
Per chi volesse andare a capo dell'intera questione inseriamo qui il link dove è presente tutto il "dibattito": http://www.tuttocasarano.it/LE_VOSTRE_LETTERE/ru-486.html


Cari Remo e Patrizia,
quando si toccano temi delicati come "l'interruzione volontaria di gravidanza o "il fine vita" è
inevitabile che vi siano delle polemiche è questo entro certi limiti è normale, tuttavia vorrei
cercare di dare il mio contributo, senza alcuna pretesa di essere esaustivo, o di sentirmi "
superiore a nessuno".
Vorrei subito sgombrare il campo da un equivoco: gli aborti clandestini ci sono sempre ci sono
sempre stati e ahimè, forse continueranno ad esserci, non a caso quando l'aborto era un reato
c'erano le cliniche che praticavano aborti contro legge; per questo, la legge 194 si propone di
raggiungere un equilibrio tra l'interesse della donna a diventare madre secondo una scelta
libera e consapevole, e quello del feto a venire alla luce e ad avere una vita autonoma. Se si dà
una lettura veloce del testo non ci si può non accorgere che l'interruzione della gravidanza e
prevista solo come " extrema ratio" come l'ultima tappa di un percorso teso ad accertare quale
sia l'autentica volontà della donna ed i motivi che la spingono a praticare l'interruzione
volontaria di gravidanza.
La legge prevede che la gestante che voglia praticare l'interruzione volontaria di gravidanza
debba affrontare 2 colloqui: uno presso il consultorio familiare che avrebbe, il condizionale e
d'obbligo, il compito di appurare l'autentica volontà della donna, di indagare sui motivi che la
inducono all'interruzione volontaria della gravidanza, e darle tutto il sostegno possibile, e
soltanto alla fine rilasciarle il relativo certificato; un altro colloquio presso la struttura pubblica
che deve effettuare l'intervento
Nella realtà questa procedura viene letteralmente bypassata ciò per 2 ragioni:
1) I consultori familiari pubblici non funzionano come dovrebbero
2) Per avere un certificato che autorizzi l'interruzione volontaria della gravidanza molto spesso
basta fare finta di minacciare il suicidio.
Lo so perché delle mie amiche lo hanno fatto.
Tutto questo giro di parole, e scusatemi se sono barboso, per dire che " il movimento della
vita", non ha la pretesa di cancellare sic et simpliciter la legge 194, anche perché ma vuole
promuoverne una sua integrale attuazione.
Non è un caso che gli abortisti usano da trent'anni gli stessi argomenti: la legge 194 è una
conquista di civiltà della donna ergo non si può toccare; abrogare la legge significherebbe
precipitare nel far west degli aborti clandestini, il problema è che da trent'anni a questa parte ,
com'è ovvio le cose sono cambiate: le tecniche con cui vine praticata l'interruzione volontaria
di gravidanza sono cambiate, ormai non c'è solo l'aborto chirurgico, ma anche quello chimico,
vedi appunto la RU 486.
Su una cosa concordo con te Patrizia: quando dici che la scelta per l'interruzione volontaria
della gravidanza è sempre una scelta sofferta, per questo, il movimento della vita in questi
anni si è adoperato per dare alla donna, il supporto morale e psicologico necessario, riuscendo
così a salvare 100. 000 bambini.
Credo che questo dato metta in risalto come l'identikit della donna che sceglie d'interrompere
la gravidanza non corrisponda a quello della tipica donna in carriera che si trova a dover
accettare una creatura non desiderata ne alla donna che è costretta a ricorrere all'aborto
perché ha a che fare con problemi che riguardano direttamente il bambino che porta in
grembo. Molto Spesso la scelta di abortire è maturata dalla donna in solitudine.
La RU 486 dietro il mal celato tentativo di rendere l'attuazione dell' I.V.G. Meno drammatica
della donna, rischia di portare al risultato contrario, quello di portare la donna ad una scelta
irrevocabile.
Anche io svolgo attività di volontariato in parrocchia e prima di trasmettere delle nozioni cerco
di portare ai ragazzi la mia esperienza di vita , mi sono sempre chiesto come reagirei se una
ragazza del mio gruppo venisse a confidarmi l'evento di una gravidanza non desiderata.
E' per questo che ho scelto di far parte del movimento per la vita.
Claudio Schiavano

mercoledì 5 agosto 2009

La pillola Ru486, quando si banalizza la vita

La pillola Ru486, quando si banalizza la vita

CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 31 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'articolo dell'Arcivescovo Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, apparso su “L'Osservatore Romano”.

* * *

C'è una triste tendenza che si sta imponendo poco alla volta in alcuni frammenti della cultura contemporanea: la banalizzazione. Dalla vita alla morte tutto sembra sottoposto a un mero processo semplificativo che tende a rinchiudere ogni cosa in un affare privato senza alcun riferimento agli altri. In questo modo, però, la coscienza si assopisce e diventa progressivamente incapace di giudizio serio e veritiero.

L'applicazione della pillola Ru486 a tecnica abortiva è stata una via di ripiego per recuperare i capitali investiti dopo la verifica del fallimento per la sperimentazione che era stata prefissata. Già questo «banale» particolare la dice lunga sullo scopo di alcune ricerche che vengono fatte nei laboratori. Dimenticare che la scienza e la ricerca tecnologica devono avere come loro primo scopo quello di promuovere la vita e la sua qualità comporta un inevitabile slittamento con la conseguenza di porre al primo posto la sete di guadagno e non la salvaguardia della natura. I proclami sulla neutralità della scienza rimbombano in alcuni momenti particolari con il solo scopo di accreditare un prodotto piuttosto che per ricordare il valore fondamentale che la ricerca possiede. Non si può divenire complici di queste situazioni, denunciate con coraggio da Benedetto xvi nella sua ultima enciclica Caritas in veritate, quando in gioco vi è la vita umana.

Fermarsi alla sola analisi del rapporto costi e benefici per introdurre nel mercato la Ru486 è una posizione molto pilatesca sulla quale si dovrà riflettere per non cadere in altrettante forme di ipocrisia. Dovrà pur esserci un'autorità in grado di considerare i gravi rischi a cui le donne sono sottoposte nel momento in cui fanno ricorso a questo farmaco. Come ci si può sottrarre davanti al fatto che troppi casi di morte si sono verificati dopo l'assunzione di questo trattamento? Come non considerare gli aspetti etici che questa pillola comporta? Come trascurare l'impatto che avrà sulle giovani generazioni di ragazze che ricorreranno sempre più facilmente a questo uso?

Gli interrogativi non sono affatto ovvi e obbligano a una risposta che si faccia carico di fornire argomenti per non rincorrere i soliti luoghi comuni. I sofismi, in questo caso, possono servire per una forma di personale soddisfazione, ma non convincono sulla drammaticità della situazione che deve essere affrontata. Inutile tergiversare. La Ru486 è una tecnica abortiva perché tende a sopprimere l'embrione da poco annidato nell'utero della madre. Che il ricorso all'uso di questa pillola sia meno traumatico che sottoporsi all'operazione è tutto da dimostrare. Il primo trauma nasce nel momento in cui non si vuole accettare la gravidanza ed è proprio qui che si deve intervenire per aiutare la donna a comprendere il valore della vita nascente. L'embrione non è un ammasso di cellule né un po' di muffa come qualcuno ha avuto l'ardire di definirlo; è vita umana vera e piena. Sopprimerla è una responsabilità che nessuno può permettersi di assumere senza conoscerne a fondo le conseguenze.

L'assunzione della Ru486, quindi, non rende meno traumatico l'aborto, solo lo rinchiude ancora di più nella solitudine del privato della donna e lo prolunga nel tempo. È necessario ribadire che quanti vi fanno ricorso stanno compiendo un atto abortivo diretto e deliberato; devono sapere delle conseguenze canoniche a cui vanno incontro, ma soprattutto devono essere coscienti della gravità oggettiva del loro gesto. L'aborto è un male in sé perché sopprime una vita umana; questa vita anche se visibile solo attraverso la macchina possiede la stessa dignità riservata a ogni persona. Il rispetto dovuto verso l'embrione non può essere da meno di quello riservato a ognuno che cammina per la strada e chiede di essere accolto per ciò che è: una persona.

La Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società. È chiamata a rendere sempre presente quell'annuncio di vita che le permette di essere nel corso dei secoli segno tangibile del rispetto per la dignità della persona. Il cammino che si deve percorrere diventa in alcuni momenti più faticoso perché è difficile far comprendere che la via da seguire per mantenere il primato dell'etica non è quella di fornire con molta tranquillità una pillola, ma piuttosto quella di formare le coscienze. Questo compito è arduo perché comporta non solo l'impegno in prima persona, ma la capacità di farsi ascoltare e di essere credibile. La nostra opposizione a ogni tecnica abortiva è per affermare ogni giorno il «sì» alla vita con quanto essa comporta. Ciò significa ribadire il nostro richiamo all'urgenza educativa perché i giovani comprendano l'importanza di fare propri dei valori che permangono come patrimonio di cultura e di identità personale. Non potremo mai abituarci alla bellezza che la vita comporta dal suo primo istante in cui fa sentire di essere presente nel grembo di una madre fino al momento estremo in cui dovrà lasciare questo mondo.

Per questo motivo dinnanzi alla superficialità che spesso incombe permane immutato l'impegno per la formazione, così da cogliere giorno dopo giorno l'impegno per vivere la sessualità, l'affettività e l'amore con gioia e non con preoccupazione, ansia e angoscia.

[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 1 agosto 2009]