sabato 30 maggio 2009

incoraggiamento dal Papa

GRATI AL PAPA PER L’INCORAGGIAMENTO ALL’AZIONE SUL FINE VITA
Uno stimolo a lavorare anche sul piano legislativo


«Siamo molto colpiti dall’attenzione che i vescovi italiani ed il Papa stanno dedicando a Liberi per vivere il programma culturale e operativo che vede il Movimento per la vita impegnato al fianco del Forum delle famiglie e di Scienza&vita per far crescere la riflessione su vita e libertà» commenta Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita.
«Il tema del fina vita evoca la triste vicenda di Eluana, ancora ben presente nella memoria di tutti gli italiani. Per evitare che altre persone, malati o in condizione di grande fragilità, si trovino ad affrontare lo stesso calvario è necessario muoversi, oltre che sul piano culturale, anche alla ricerca di soluzioni legislative. In questo senso bisogna vigilare perché alla ripresa dell’attività parlamentare riprenda l’esame della legge già approvata dal Senato, vincendo le forti tendenze all’insabbiamento.
«In questo senso il Movimento per la vita offre la propria competenza giuridica e la propria collaborazione alla politica. Abbiamo già condiviso con il mondo cattolico una riflessione (“Dieci domane e dieci risposte sul Fine vita”)» conclude Casini. «Questo stesso lavoro, appena superata la fase elettorale, sarà messo a disposizione dei deputati e crediamo che possa costituire una buona base di partenza per il dibattito parlamentare».

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Daniele Nardi
Responsabile Area comunicazione
Movimento per la vita
LungoTevere dei Vallati 2, 00186 Roma – tel. 06.6830.1121 – fax 06.686.5725

Dal caso Englaro alle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (I)

Dal caso Englaro alle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (I)
(dal sito: www.zenit.org)

ROMA, domenica, 24 maggio 2009 (ZENIT.org).- La vicenda di Eluana Englaro e la discussione in Parlamento per una legge di fine vita suscitano ogni giorno nuove domande. Per la rubrica di Bioetica ne abbiamo raccolte un certo numero ed abbiamo chiesto al prof. Lucio Romano di rispondere.

Il prof. Romano è dirigente ginecologo nel Dipartimento di Scienze Ostetrico Ginecologiche, Urologiche e Medicina della Riproduzione dell’Università di Napoli “Federico II”, e docente di Ostetricia al Corso di Laurea Specialistica in Scienze Ostetriche. E' inoltre docente di Bioetica ai corsi di laurea dell’Università Cattolica del Sacro Cuore presso l’A.O. S. Carlo di Potenza; e alla Facoltà di Bioetica e al Master in Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. E' Vicepresidente del Movimento per la Vita Italiano e componente del Consiglio Esecutivo nazionale dell’Associazione “Scienza & Vita”. Fa inoltre parte del Comitato Scientifico della rivista “I Quaderni di Scienza & Vita” ed è autore insieme a Maria Luisa Di Pietro, Maurizio P. Faggioni e Marina Casini del volume Dall'aborto chimico alla contraccezione d'emergenza” (Edizioni ART, Roma 2008).




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Dopo il 9 febbraio 2009, qual è la situazione in merito alla vicenda Englaro?

Quando l’emotività va diradandosi, l’indicibile amarezza per la soppressione di una vita già estremamente fragile appena si attutisce e le posizioni antitetiche lasciano spazio a tentativi di dialogo, ineludibili si impongono riflessioni argomentate secondo ragione e rigorosamente fondate da cui partire. Potremmo ritenere che una capillare divulgazione mediatica tutto abbia già detto, che ognuno abbia già perfettamente chiare le dinamiche della vicenda Englaro e che abbia fatto una scelta di campo, “oggi per allora”. Tuttavia la delicatezza degli argomenti e le ricadute sociali, culturali, etiche, politiche impongono supplementi di riflessioni e discernimento. La complessità della tematica suggerisce di riconsiderare alcuni degli innumerevoli aspetti meritevoli di attenzione.

Che cosa si intende per eutanasia?

Secondo classica definizione, è “un’azione o un’omissione che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. L’eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati”. Così per l’Organizzazione Mondiale della Sanità ” è l’atto con cui si pone deliberatamente fine alla vita di un paziente, anche nel caso di richiesta del paziente stesso o di un suo parente stretto”. Riguardo all’azione, quindi, l’eutanasia è attiva quando si procede direttamente con un’azione che induce la morte; omissiva o passiva quando non si somministra una terapia o si interrompe un sostegno vitale; terminale quando si realizza appunto su di una persona in fase terminale conseguente a grave patologia.

Si può pensare che la definizione ed il concetto di eutanasia vanno a modificarsi?

Certamente. Nel dibattito attuale, come già richiamato da Adriano Bompiani, Bruno Dallapiccola, Maria Luisa Di Pietro e Aldo Isidori, il termine eutanasia si utilizza per indicare solo forme dirette o attive di uccisione del paziente, mentre l’eutanasia indiretta o per omissione è stata ridotta al rango di un generico rifiuto/rinuncia dei trattamenti sanitari. “[…] Depotenziando il dovere di garanzia del medico nei confronti del paziente e decontestualizzando l’astensione/sottrazione di trattamenti sanitari che non troverebbero giustificazione nei criteri di sproporzionalità/straordinarietà, si legittimano di fatto forme di eutanasia “indiretta o per omissione”. Altra considerazione è che va rilevato una scenario eutanasico con una voluta oscillazione tra disponibilità e indisponibilità della vita; riduzione della complessità della casistica alla genericità della norma; decontestualizzazione delle decisioni. Questi ed altri fattori aprono a qualsiasi scenario anche celatamente eutanasico, in cui giudizi sociali sulla qualità e sulla dignità della vita possono entrare come indisturbati coprotagonisti. Lo scenario eutanasico fu già descritto e preconizzato da F.W. Nietzsche nel “Crepuscolo degli idoli”: “Il malato è un parassita della società. In certe condizioni non è decoroso vivere più a lungo. Continuare a vegetare in una imbelle dipendenza dai medici e dalle pratiche mediche, dopo che è andato perduto il senso della vita, il diritto alla vita, dovrebbe suscitare nella società un profondo disprezzo».

Quindi una vera e propria riformulazione del concetto di eutanasia?

Un tentativo di riformulazione assolutamente non condivisibile. Si assegnerebbe, in tal modo, liceità etica e giuridica ad un’azione o un’omissione che procuri la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore, sulla scorta della sola richiesta sebbene autonoma e consapevole. E’ opportuno definire, sotto il profilo etico, due termini ricorrenti e spesso sovrapponibili: uccidere e lasciar morire. Uccidere è sempre moralmente illecito, lasciar morire può essere comportamento colpevole, non colpevole o addirittura virtuoso. In entrambi i casi la causa della morte è sempre la malattia ma diverse le responsabilità morali. “Nell’abbandono e nella sospensione dei trattamenti la causa diretta della morte è la malattia, ma ciò che fa la differenza è il fatto che nell’abbandono la morte poteva e doveva essere evitata (quindi l’abbandono terapeutico e assistenziale si costituisce come una colpa morale). Nella sospensione dei trattamenti, invece, la morte non poteva essere evitata, e non si doveva, per prolungare un processo agonico già iniziato, infierire sulla condizione terminale della persona (e in questo caso l’atto della sospensione è moralmente doveroso).”

E nel caso di Eluana Englaro?

Eluana Englaro, sotto il profilo clinico, non era una paziente in stato terminale ma affetta da una gravissima disabilità. Non era morta e non era collegata ad alcuna strumentazione (es. respiratore artificiale, ecc.). Usufruiva dei comuni mezzi di assistenza, propri per quelle determinate situazioni e, tra l’altro, alimentazione e idratazione con sondino naso gastrico. Se considerata già morta, come alcuni hanno ritenuto da 17 anni, di conseguenza si sarebbe potuto ad esempio espiantare gli organi, cosa assolutamente non praticabile in quanto Eluana Englaro non rientrava affatto nei criteri della morte cerebrale totale. Voglio ricordare che Science, nel 2006, ha pubblicato un articolo che ha molto interessato la comunità scientifica: la Risonanza Magnetica Funzionale ha mostrato l'attivazione di varie zone cerebrali, in situazioni cliniche come quella di Eluana Englaro, in corrispondenza con gli inviti da parte dei ricercatori ad immaginare di salire delle scale piuttosto che di giocare una partita di tennis, in maniera esattamente uguale a quanto evidenziato nel cervello dei "soggetti di controllo" sani. Comunque nulla altro aggiungerei in merito alla situazione clinica che ha caratterizzato la vita di Eluana Englaro.

Eppure si è ritenuta lecita la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione.

E’ stato ritenuto anche opportuno, oltre alla sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione, la somministrazione di sedativi. Delle due una: se Eluana non aveva alcuna percezione cosciente dell’ambiente esterno, così del dolore o di altro sentire, perché somministrare sedativi? O forse, visto che concretamente non si era del tutto certi del suo stato di completa incoscienza, si è preferito in via precauzionale somministrare sedativi? Il ricorso ai sedativi sarebbe stato motivato dagli spasmi muscolari per alterazione degli elettroliti, da sospensione dell’alimentazione e idratazione.

E nel dubbio sulle effettive capacità percettive di Eluana?

Una corretta interpretazione e attuazione del principio di precauzione, così giustamente propugnato in altri ambiti, avrebbe significato la non sospensione dei sostegni vitali mancando la certezza dell’assoluta assenza di coscienza. Parafrasando dalla civiltà giuridica la locuzione “in dubio pro reo”: “in dubio pro vita”.

L’alimentazione e l’idratazione sono terapie o cure?

Per i fautori della sospensione di alimentazione e idratazione, queste vengono considerate terapie e per tale motivo rifiutabili dal paziente, per autodeterminazione. Analizziamo senza pregiudizi e con argomentazioni logiche, almeno in linee generali il problema. Alimentazione e idratazione se inquadrabili come terapie devono curare qualcuno da qualcosa, ovvero da una patologia, da una disfunzione. Dovremmo arguire che, se terapie, alimentazione e idratazione avrebbero svolto su Eluana azione terapeutica. Quale sarebbe la malattia di Eluana che alimentazione e idratazione avrebbero tentato di curare? Quale malattia è curabile con alimentazione e idratazione così che, dopo la guarigione, si possa sospendere il trattamento in questione? La risposta, logica e non ideologica, è che alimentazione e idratazione non curano alcuna malattia, né tantomeno svolgevano azione terapeutica su Eluana. Se alimentazione e idratazione sono terapie, ne consegue che anche il neonato nutrito con latte artificiale è sottoposto a terapia, così il politraumatizzato che abbisogna del sondino o il paziente postoperatorio, o l’anziano che ha problemi di deglutizione, o chiunque necessita semplicemente di un aiuto per essere nutrito e dissetato. Non è il mezzo di somministrazione né la composizione dell’alimentazione e idratazione che cambiano la natura propria del sostegno vitale. Infatti il Comitato Nazionale per la Bioetica, nel parere su alimentazione e idratazione di pazienti in stato vegetativo, ricorda che “il problema bioetico centrale è costituito dallo stato di dipendenza dagli altri. Si tratta di persone che per sopravvivere necessitano delle stesse cose di cui necessita ogni essere umano (acqua, cibo, riscaldamento, pulizia, movimento), ma che non sono in grado di provvedervi autonomamente, avendo bisogno di essere aiutate, sostenute ed accudite in tutte le loro funzioni, anche le più elementari.”

Alimentazione e idratazione, allora, sono forme di sostegno vitale?

Alimentazione e idratazione sono forme di sostegno vitale delle quali l’uomo né ha fondamentale bisogno e per tale motivo non possono essere sospese in quanto essenziali nella “umana relazione di cura”, che non significa terapia né tantomeno accanimento terapeutico, bensì presa in carico, “presa in cura”. Sotto il profilo bioetico si realizza così l’alleanza terapeutica medico-paziente, che si basa appunto sulla “beneficialità nella fiducia”: la fiducia (di un paziente) che incontra una coscienza (del medico). Inoltre, e non secondariamente, simbolicamente dar da mangiare e da bere rappresenta la manifestazione più tangibile ed immediata della solidarietà umana.

Alimentazione e idratazione non possono essere mai sospese?

Si, possono essere sospese. Come già indicato dal Comitato nazionale per la Bioetica, “non sussistono invece dubbi sulla doverosità etica della sospensione della nutrizione nell’ipotesi in cui nell’imminenza della morte l'organismo non sia più in grado di assimilare le sostanze fornite: l’unico limite obiettivamente riconoscibile al dovere etico di nutrire la persona in SVP è la capacità di assimilazione dell’organismo (dunque la possibilità che l’atto raggiunga il fine proprio non essendovi risposta positiva al trattamento) o uno stato di intolleranza clinicamente rilevabile collegato all’ alimentazione”.

STORIA DI UN FETO PARTICOLARE

La storia di un feto che va incontro a una vita difficile ma alla fine diventa il primo presidente nero degli Stati Uniti, pubblicato su YouTube e che in meno di una settimana è stato visto 460 mila volte dagli internauti, che hanno anche scritto 1.400 commenti. Si vede lo zoom su un feto nel grembo materno durante un'ecografia. «Il futuro di questo bambino è una casa a pezzi - si legge in sovraimpressione -. Sarà abbandonato da suo padre. La sua mamma single avrà vita dura a crescerlo». L'immagine del feto lentamente scompare per lasciare spazio a una foto di Obama in trionfo dopo le elezioni: «Nonostante tutte le difficoltà a cui andrà incontro questo bambino diverrà il primo presidente afroamericano». La scena finale è un primo piano di Obama, con lo slogan: «Vita. Immagina il potenziale». I riferimenti sono espliciti: Obama è cresciuto senza il padre, che ha abbandonato la famiglia quando lui era piccolo. La madre, dopo un secondo matrimonio finito con il divorzio, lo ha cresciuto con l'aiuto dei nonni materni. «Il nostro messaggio è semplice: l'aborto è nemico della speranza» ha detto Brian Burch, direttore di CatholicVote.org.

giovedì 21 maggio 2009

Spagna: il disegno di legge sull'aborto è “contrario alla dignità”

Spagna: il disegno di legge sull'aborto è “contrario alla dignità” (dal sito: zenit.org)

Critiche ecclesiali alla proposta del Governo

BARCELLONA, mercoledì, 20 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il disegno di legge sull'aborto approvato dal Consiglio dei Ministri spagnolo il 14 maggio scorso è “contrario alla dignità della persona umana e al diritto inviolabile del feto di nascere”, come segnala la Delegazione per la pastorale familiare dell'Arcivescovado di Barcellona in un comunicato inviato questo mercoledì a ZENIT.

Per la Delegazione, “la proposta della nuova legge sull'aborto contiene aspetti realmente preoccupanti”: non riconosce il diritto alla vita, non propone alcuna alternativa all'aborto e rinuncia a educare all'autentico senso della sessualità.

Oltre a questo, “interferisce e lede il diritto e il dovere dei genitori nei confronti dei figli” permettendo alle minorenni di abortire senza il consenso dei genitori, denuncia la nota.

“Non è possibile costruire il bene comune senza riconoscere e tutelare il diritto alla vita”, sottolinea il testo, aggiungendo che “spetta alla società e ai suoi dirigenti creare le condizioni necessarie perché non solo si rispetti, ma si ami la vita”.

La proposta del Governo spagnolo, continua la nota, “non offre alcuna risorsa che aiuti la madre ad accettare la maternità e la liberi dal trauma che implica decidere l'eliminazione della vita di chi deve nascere”.

“I politici non la possono giustificare dicendo che altre società la accettano”. “Non è mai lecito distruggere quello che è già un essere indipendente dalla madre”.

“Una legge sull'aborto non è segno di una società progressista – denuncia la nota –. Al contrario, è la conseguenza della rinuncia a vivere e a trasmettere il valore più importante della persona”.

Per la Delegazione per la pastorale familiare, “proporre l'aborto come soluzione per limitare la natalità è negare il fatto evidente dell'esistenza del figlio; è un attentato contro la vita con la scusa della legalità”.

Anche l'Arcivescovo di Barcellona, il Cardinale Lluís Martínez Sistach, ha dichiarato al canale televisivo catalano TV3 che il disegno di legge “va contro la Costituzione” e presuppone “la totale mancanza di difesa della vita”.

Quanto al riconoscimento del diritto di abortire alle minori di 16 anni, ha sottolineato che “gli adolescenti sono meno maturi di prima” e si è chiesto che posto resti alla patria potestà.

Per il Vescovo di Sigüenza-Guadalajara, il dibattito non dovrebbe concentrarsi sulla capacità di una minorenne di decidere di abortire, ma sul fatto che, se la proposta del Governo diventasse legge, “si potrà abortire senza alcun motivo, il che è gravissimo”.

Nel corso di una conferenza stampa sulla Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, monsignor José Sánchez ha sottolineato che, dal concepimento, “è già determinato ciò che sarà l'essere umano, è meraviglioso e lo dice la scienza”.

Allo stesso modo, ha affermato che “i Governi dovrebbero assicurarsi di fare politiche che difendano le donne incinte”.

Nell'ambito politico, il Partito Popolare, principale partito di opposizione, ha annunciato che ricorrerà contro il disegno di legge presso il Tribunale Costituzionale, e anche alcuni membri del Partito socialista, attualmente al potere, hanno criticato alcune parti del testo.

Da parte sua, il Ministro responsabile del progetto, Bibiana Aído, parlando alla radio SER si è riferita a un feto di 13 settimane come a “un essere vivo, chiaro, ma non possiamo parlare di essere umano perché questo non ha alcuna base scientifica”.

Dopo queste dichiarazioni, varie persone e pagine web hanno chiesto al Ministro di spiegare a che specie apparterrebbe questo essere vivo.


Quando c’è del bene anche nella pareti grigie…

Quando c’è del bene anche nella pareti grigie… (dal sito zenit.org)
di Carlo Bellieni*


ROMA, lunedì, 18 maggio 2009 (ZENIT.org).- Un difetto frequente è pensare che messaggi eticamente buoni debbano essere confezionati in carta patinata ed espressi da persone al di sopra di ogni critica, che magari usano un linguaggio ineccepibile e danno pubbliche professioni di religiosità.

E’ quanto abbiamo visto succedere in questi giorni nei confronti di Mel Gibson, criticato perché si separa dalla moglie, a quanto si sa: evidentemente non si accetta che chi predica bene sia un povero Cristo anche lui e non andiamo lontano se pensiamo che qualcuno non aspettava altro che trovare una pecca a questo combattente cristiano. Non è un caso isolato, ma è un tarlo da cui dobbiamo epurarci, perché invece ritroviamo proprio nei meandri più inaspettati delle belle sorprese. Vediamo ad esempio degli spunti nel cinema più semplice e non “colto” e nelle semplici canzonette di San Remo dei messaggi che ci stupiscono positivamente e che sono da additare ad esempio.

Il primo spunto viene dal semplice e allegro film di Giovanni e Giacomo “Il Cosmo sul Comò” in cui ritroviamo raccontata con semplicità la storia di una coppia che si affanna a ricercare con tutti i mezzi tecnici un figlio, per poi arrendersi agli insuccessi della medicina… e finire col miracolo di passare una sera tardi vicino ad un cassonetto dell’immondizia e trovare lì, nella tragedia dell’abbandono uno, anzi due bambini che il nostro protagonista salva da morte e adotta.

In realtà il finale è di una comicità estrema, e anche privo di moralismo (il personaggio oscilla tra il cinismo di prendere uno solo dei bambini, ma poi capisce che li deve amare e salvare entrambi): chi l’ha detto che le cose buone non devono destare allegria? San Tommaso Moro scriveva: “Dammi, o Signore, il senso dell'umorismo”. Già: proprio quando l’adozione sta passando ad essere una genitorialità di “seconda scelta” ecco che dei comici rimettono ordine là dove tanti teorici non ci sono riusciti.

Al contempo, dal festival di San Remo arriva la famosissima Arisa, con la cantatissima canzone “Sincerità” che ha sbancato i botteghini e che si permette di dire in una canzone d’amore la parola che dalle canzonette d’amore è stata semplicemente espunta negli ultimi anni: “Eternità”. Ed è la parola-chiave della canzone: la ripete dodici volte:

Sincerità

Un elemento imprescindibile

Per una relazione stabile

Che punti all’eternità…”

Certo, è una parola apparentemente inoffensiva, ma come non pensare che non sia finita lì per caso? Qualche “purista” potrebbe storcere il naso dato che non si parla di matrimonio e si parla di “fare e rifare l’amore”; la parola Eternità chiarisce tutto, rischiara tutto, illumina tutto.

Così come la canzone del rap più duro, “Vivi per miracolo” dei Gemelli Diversi, anch’essi prodigio di San remo 2009, che risulta una specie di preghiera, ma non una sciapa preghiera laica fatta di buoni sentimenti fashion, e lo capiamo dal fatto che dice qualcosa di “fuori posto”: parla di aborto col dolore e la riprovazione che vorremmo sentir più spesso:

Per ogni madre ancora troppo immatura

che ha avuto troppa paura

Per ogni vita finita in un sacco della spazzatura”

E la canzone si fa davvero preghiera:

Ce l’hai un attimo per me? Perché c’è troppo bisogno di aiuto, di aiuto, di aiuto..”

Ti imploro veglia e prega

Per chi è sul baratro però

guarda in basso e dice no” (un coraggioso no al suicidio –assistito o no-, così di moda oggi).

Certo anche qui si può obiettare che il testo è ambiguo, ma intanto certe parole sono state dette… e non sono parole inoffensive: “dai speranza”, “veglia e prega”. E l’ambiguità dolce è proprio il segno di una generazione che vuole pregare ma ha disimparato l’ABC, ha perso la dimestichezza a come si parla con Dio.

Ultimo, in ordine non di valore, è la serie tanto osteggiata da alcuni: “I Simpson”, personaggi squallidi, dal colorito giallo-squallore, che vivono in una città all’ombra di una centrale nucleare tossica, che si fanno dispetti e sgarberie, che scappano di fronte alle responsabilità… ma che tornano sempre indietro; indietro alla loro famiglia che, affogata nello squallore, non si sfascia mai, resta piena di amore e questo li salva.

I Simpson passano per essere un inno al dissesto, talvolta quasi un inno cinico, viste le scomposte reazioni dei personaggi: ma cosa vi aspettate che faccia la generazione di oggi affogata in un mare di perdita di senso, intossicata nell’animo e nel corpo se non diventare squallida e vile… salvo riprendersi sul punto estremo, grazie ad un’ancora che per grazia talora affiora: la famiglia Simpson quest’ancora l’ha trovata, resta aggregata, non si separa, non si sfascia.

La puntata-simbolo di questa ri-lettura (titolo inglese: “Don’t fear the roofer”, stagione 16) narra una storia meravigliosa… “alla Simpson”: Homer, il capo-famiglia non riesce ad aggiustare il tetto, se ne va di casa, arriva nel bar del quartiere e lì viene sbeffeggiato. Cambia bar disperato… e lì trova “Rio”, uno sconosciuto che si rivela come la persona ideale per lui: è un artigiano che aggiusta i tetti, e lo rincuora, gli offre da mangiare, scherza con lui, diventa in breve il suo migliore amico. E con lui la vita cambia, arriva l’allegria, le cose si aggiustano.

Il problema, paradosso del cartone animato, è che nessuno dei familiari e amici vede Rio; e nessuno crede che esista davvero. E Homer grida “Rio esiste: io l’ho visto!”, ma non gli credono (“Rio è una tua immaginazione!”), lo ricoverano, gli fanno l’elettroshock… finché Rio non appare di nuovo a tutti; e si capisce perché amici e parenti non lo vedevano: perché uno era cieco da un occhio, un altro aveva un camion che gli occupava la vista ecc… La conclusione è che “Rio” c’è: siamo noi che non lo vediamo. Insomma, è chiaro che “Rio” altri non è altri che… fate voi.

Credo che la chiave per scoprire una trasmissione (TV, radio, musica) davvero religiosa, tra tanto ciarpame, sia il seguente: trovare un segnale-chiave politicamente scorretto, “fuori posto”, piuttosto che tante parole affastellate su “generici problemi religiosi” (cfr . Mt 7,21). Ma cos’è “politicamente scorretto” oggi? La manina del feto che accarezza il dito del dr House (cui di recente abbiamo dedicato un libro), il neonato adottato invece di essere concepito in vitro, una famiglia che regge e non si sfascia tra lo squallore, “puntare all’Eternità” invece che il banale “senza di te non vivo”, l’immagine della donna che “abortisce perché si arrende”: questo è davvero politicamente scorretto. E ritrovarlo “fuori posto” (in una canzonetta, in un TG) non è casuale ed è molto più forte che un telefilm su un santo, trasmesso in orario protetto, ad un pubblico già preparato a ciò che vedrà. Perché in un’epoca di censura di tutto quello che è davvero religioso, questi segnali non sono messi per caso dai loro autori, che rischiano davvero per questo.

Trovare delle “figurine di santi” vicine a quelle dei calciatori in edicola è un bel “fuori posto”; vedere un bambino Down che sorride durante il TG è “fuori posto”, un calciatore che si fa il segno della croce quando entra in campo (anche se dopo farà tutti i fallaci del mondo e si riempirà la bocca di parolacce) è “fuori posto”; Mel Gibson che forse non è perfetto ma fa film sul vero amore è “fuori posto”. E proprio perché questi bei “fuori posto” ci suonano veri, capiamo che invece quello – cioè il quotidiano – è davvero il “loro posto”.

Probabilmente è anche da esempi come questi che deve ripartire un’educazione all’etica, per un pubblico che non vuole istruzioni per l’uso, ma immagini belle. Certo, spesso i termini che circondano queste immagini possono essere sgarbati, rudi, e volgari… come siamo un po’ tutti. Già, perché il cristianesimo non è una religione per persone buone (essere buoni è Grazia), ma per peccatori (cfr. Mt 9,9-13). Talvolta ce ne dimentichiamo.


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*Dirigente del Dipartimento Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario "Le Scotte" di Siena e membro della Pontificia Accademia Pro Vita.